Il racconto di Petrucci: “Io che attraverso l'America col furgone”

Il racconto di Petrucci: “Io che attraverso l'America col furgone”© Alex Farinelli

Il ternano ci ha raccontato in esclusiva, scrivendo di suo pugno, la sua esperienza "old style" nel MotoAmerica

Danilo Petrucci-Alex Farinelli

27.04.2022 ( Aggiornata il 27.04.2022 16:03 )

Sei aprile 2022, le moto del paddock della MotoGP stanno ancora dormendo. Gli addetti ai lavori sono all’opera per aprire le casse provenienti dall’Argentina e preparare i box.

Il torpore viene però interrotto dal suono del motore del Peterbilt 386 del Team Warhorse HSBK. Il potente camion a stelle e strisce porta con sé il “cavallo da guerra” di Borgo Panigale destinato a Danilo Petrucci.

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I primi passi di Danilo


È il primo passo dell’avventura del pilota italiano in America. Il fitto programma MotoGP, costringe il paddock del MotoAmerica a orari quantomeno bizzarri. La sveglia di Petrux suona alle sei, e si raggiunge il paddock che è ancora notte, in pieno stile Dakar, dove alle 8 si parte per la prova speciale. Ci si muove con tutto il necessario verso la corsia dei box. Gli spazi in cemento sono tutti occupati dal Motomondiale. Per questo si montano le tende e la carovana USA si prepara al via, il semaforo diventa verde, i motori si accendono e le moto entrano in pista e cominciano le danze. “Io lo so che le cose poi, non sono mai come… Come te le aspettavi te". 

Lo canta Vasco Rossi in “Un gran bel film”, canzone che fu la colonna sonora con cui il box Ducati accolse Danilo Petrucci per festeggiare la sua prima vittoria nel Mondiale.

Oggi, a quasi tre anni di distanza, la citazione torna attuale con il duplice successo in questa prima tappa del MotoAmerica 2022, perché anche se ogni pilota, quando si veste per salire in moto lo fa per un unico scopo, vincere, questo non è mai semplice e scontato. Soprattutto per Danilo, che di tempo per prendere confidenza con la nuova moto ne ha avuto veramente poco. Ad Austin la torre elettronica che mostra le posizioni durante lo svolgimento della gara indica le 18.59 di domenica, siamo due ore oltre la fine della seconda manche ed è ancora impresso l’ordine d’arrivo: lassù il 9 ancora continua a guardare tutti dall’alto.

E qui comincia il racconto di Danilo Petrucci in esclusiva per Motosprint.

Il racconto di Petrucci


“Adesso è proprio un bel posto Austin! Nonostante sia una città bellissima, io questo circuito lo odiavo perché non c’avevo mai ‘accapezzato’ una mazza! Nel 2013, la prima volta qui, la moto si fermò, e dopo i ritiri delle prime due gare volevo smettere. Oggi a quasi 10 anni di distanza sono più contento che mai di essere ritornato! È stato veramente bello rivedere tutte le persone e la gara della MotoGP, mi sono sentito veramente bene. Mi rendo conto di quanto siano stati difficili gli ultimi due anni, non avevo quasi voglia di andare alle gare, o meglio, avevo voglia di andare ma per finire tutto il prima possibile. Ricordo però che a Valencia, l’ultimo GP, mentre ero nel motorhome, non volevo togliere la tuta, perché pensavo che non l’avrei più rimessa e volevo godermela ancora un po’. Ora invece mi è tornata quella voglia di correre, grazie anche a tutte le persone che a casa, e non soltanto, mi sono state vicino”.

“Non ho mai visto così tanti tifosi con cappelli, bandiere e il numero 9 addosso, questo è il regalo più bello che mi è stato fatto dopo che ho smesso di correre in MotoGP: l’affetto e il calore della gente. È stato bellissimo e al tempo stesso difficile attraversare il paddock, per tutti quelli che mi volevano salutare: meccanici, piloti, tifosi. Anche sotto il podio, vedere tutti quei colori diversi, Pramac, Ducati, Aprilia, Yamaha, alcuni amici del Team Suzuki addirittura hanno fatto invasione per festeggiarmi! È stato veramente bellissimo reincontrare tutti e vederli sorridere davanti a me, è il successo più grande”.

Già, perché proprio come è successo in precedenza con la Dakar, la presenza di Petrux nel paddock sembra aver dato una nuova luce al movimento, il pilota ternano è stato costantemente circondato dalle telecamere e da un gran numero di fans che qui in America hanno la possibilità di vivere ancor più da vicino il mondo racing delle due ruote.

“Sono state belle gare, non conoscevo niente della moto, siamo ancora all’inizio, però sono riuscito a vincere due volte e gli americani sono diventati matti, c’era tantissima gente e non potevo chiedere di meglio che vedere tutte le persone che mi hanno voluto bene in tutti questi anni, e che mi hanno portato qua, assistere a questi successi. Per i giorni seguenti avevamo programmato un mega-viaggio in furgone, attraversando mezza America per andare a provare su piste che non conoscevo, prima in Wisconsin poi il giorno di Pasqua in Virginia, per poi tornare in Pennsylvania e poi volare ad Atlanta, dove si è svolta la seconda tappa. E poi finalmente tornerò a casa perché… ci vuole! L’America è bellissima, ma come si mangia qui non è proprio il massimo, nonostante ciò in questo momento sono veramente contento di aver fatto questa scelta. Sarete sempre aggiornati sui miei viaggi, non smettete di seguirmi!”.

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