Andrea Dovizioso e il Motocross: "Vi racconto la mia nuova vita"

Andrea Dovizioso e il Motocross: "Vi racconto la mia nuova vita"

L'intervista al forlivese: "Vi dico tutto, dall'addio alla MotoGP ai miei progetti futuri"

02.02.2023 ( Aggiornata il 02.02.2023 14:44 )

Sono passati pochi mesi dall’addio alla MotoGP ma Andrea Dovizioso ha infilato nuovamente il casco, questa volta quello da Motocross, per riprendere la via della pista.

Dopo tanto divertimento e proprio mentre si preparava per partecipare al campionato italiano Prestige è arrivata però una brutta caduta che lo ha costretto a un lungo stop a causa di una frattura scomposta del polso destro.

Abbiamo fatto una chiacchierata con lui per ripercorrere il recente ritiro dalla Velocità e per parlare di una passione che non lo ha mai abbandonato, quella per il Motocross, sublimata dallo sviluppo dei giorni successivi all’infortunio, quando la società del trentaseienne ha acquisito la gestione della pista da Cross di Monte Coralli a Faenza.

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Dovizioso, dalla MotoGP al Cross


Come procede il recupero dopo la caduta?

“Abbastanza bene, non ho dolore, e una volta tolti i ferri vedremo di capire come sarà la riabilitazione perché, trattandosi di un’articolazione, non sarà una cosa snella; comunque speriamo di tornare al 100%”.

Ci eravamo lasciati a Maggiora a nemmeno una settimana dall’addio alla Velocità: eri pronto per affrontare la terra del Mottaccio del Balmone.

“Sì, avevo appena vissuto l’addio alle corse, e avere la possibilità di girare su una pista così particolare, con tutti quei campioni e in un weekend particolare come quello del Vintage, era un richiamo irresistibile”.

A Misano hai vissuto un bagno di folla, un saluto di un calore e di un’intensità straordinari: i tifosi e gli amici hanno salutato non soltanto un idolo, ma una persona che hanno conosciuto e imparato ad amare e rispettare.

"Si, non mi aspettavo così tanto calore, mi ha fatto stra-piacere. A Misano, i fans e i miei amici mi hanno fatto vivere quattro giorni da sogno, spettacolari, fino al lunedì mattina, perché la festa è andata avanti a lungo ed è stata un bel po’ interessante… È bello quando riesci a far emergere chi sei veramente, senza cercare per forza di venir fuori bene a livello mediatico. Essere me stesso e arrivare alla gente per quello che sono: è una delle mie soddisfazioni più grandi. Oltre ovviamente ai risultati, alle lotte bellissime e ai duelli”.

Il Motocross tornerà ad avere un ruolo centrale nella tua vita, con il progetto che ti vede protagonista con la pista di Faenza e la possibile partecipazione all’italiano Prestige.

“Si, mi piacerebbe: nei miei programmi, prima di farmi male, c’era la preparazione invernale per partecipare a tutto il campionato italiano Prestige. Speravo di riuscirci perché avrebbe migliorato un po’ la mia velocità: il livello del Prestige è alto e per partecipare devi essere al top. Il mio obiettivo era quello, e anche prima dell’incidente ero un po’ in ritardo, perché fare una roba del genere a quasi 37 anni…”.

Però a 37 anni Antonio Cairoli è andato a fare il Nazioni in America…

“Appunto, ma si parla di Antonio! Io a RedBud ci sono andato, anche perché era la sua ultima gara ufficiale e, visto che ero presente alla sua ultima vittoria ad Arco di Trento, volevo esserci anche in questa occasione. Oltretutto a causa delle concomitanze con le mie gare non ero mai riuscito a vedere un Cross delle Nazioni dal vivo”.

Quando è stata riaperta Maggiora, a inaugurare una nuova era, assieme a Gautier Paulin, Alex Puzar e Stefano Avandero, c’eri anche tu. Hai catturato l’attenzione cercando di sviscerare anche il dettaglio più piccolo per capire meglio. È un’abitudine acquisita nella MotoGP e che porti avanti nella vita di tutti i giorni?

“Sì, e sinceramente mi piace, ma mi rendo conto che a volte non è facile, né per me, né soprattutto per chi mi sta accanto, e quindi devo smussarmi un po’ in questi aspetti”.

La nuova vita di Andrea


Nel Motocross, però, non c’è la telemetria, e l’analisi riguarda più la guida che il comportamento della moto: questo cambia il tuo approccio allo sport?

“Ho la possibilità, fortunatamente, di allenarmi con professionisti e a loro faccio molte domande. La cosa divertente è che mi sono accorto che in alcuni casi nemmeno loro sanno cosa stanno facendo, ma non è così per tutti. Alcuni usano il loro talento e la loro esperienza e si concentrano su altre cose. Comunque, in questa specialità, imparare dagli altri è piuttosto difficile”.

C’è un pilota di Motocross che guardi con particolare ammirazione?

"È impossibile sceglierne uno soltanto, perché ci sono stati, e ci sono troppi piloti talentuosi. Tony, Paulin, Tim Gajser che sui salti è pazzesco, Jeffrey Herlings, anche se la sua posizione sulla moto forse non è delle migliori. In America poi ci sono i fratelli Lawrence, Chase Sexton, che ha una posizione perfetta, Eli Tomac e poi c’è Ken Roczen! Sono decisamente troppi per sceglierne uno soltanto e poi aggiungo anche Stewart e Carmichael! Se uso il 4 è per “colpa” sua. Lo stesso Villopoto mi piaceva".

Hai citato Cairoli, sei andato in America per vederlo all’opera e spesso sei stato ospite dei GP italiani di Cross: cosa ha avuto più degli altri?

“Vorrei conoscerlo meglio perché non ho potuto passare con lui tutto il tempo che avrei voluto. Anche se poi l’ho osservato molto, sono stato ad alcune gare e ho seguito tutto quello che ha fatto. Penso che il suo successo sia dovuto al talento e alla passione: ha vinto tutto, ma lottare per il titolo contro Herlings, Gajser e Romain Febvre a 36 anni significa che la passione per allenarsi è stata ancora più grande del talento. Un altro dei segreti della carriera di Tony è stato avere le persone giuste intorno, non andando mai oltre i limiti. È stata la più grande differenza rispetto agli altri piloti”.

Da qualche settimana Cairoli allena il suo ex rivale Herlings: è strano vederli lavorare assieme, no?

“Stiamo parlando di Tonino, quindi un uomo che ha esperienza da vendere e da trasmettere ad altri. Non avevo dubbi sul fatto che la KTM gli avrebbe proposto un ruolo del genere. Mi fa molto effetto vedere lui e Herlings nello stesso team e non so come faranno, ma sono due campioni e sono curioso di vedere cosa verrà fuori”.

Anche tu sei stato capace di circondarti delle persone che ritenevi più idonee ad aiutarti: come Yuri Naldini, soprattutto nelle uscite facendo Cross.

“Si, ci conosciamo da quando eravamo bambini ma abbiamo cominciato a frequentarci seriamente nel 2000, quando per me è iniziato un percorso comune che è stato molto importante. Yuri mi ha fatto evolvere in tantissimi aspetti, è stato sempre presente anche se con ruoli diversi. Da quando mi sono riavvicinato al Motocross, con lui al mio fianco mi sento sicuro; sta maturando esperienze importanti con piloti di altissimo livello e riesce a trasferirmi tanto”.

Per citare il tuo libro, in Motocross sarai sempre “cavallo bianco”, vero?

“Io sono talmente bianco a fare Motocross che se non ci metto almeno un po’ di nero, viene fuori un disastro! Io ho corso e ho fatto Motocross fino ai tredici anni, da allora però non ho più vissuto esperienze di gare nella specialità. Ho una buona base, mi alleno e miglioro ma non ho nessuna esperienza legata a situazioni di gara che sono completamente diverse da quelle dell’allenamento. Cerco di farlo a quasi 37 anni, in mezzo a ragazzini fortissimi e abituati a tutto questo, così mi trovo a dire a me stesso: ‘ma chi me l’ha fatto fare? E adesso cosa faccio?’. Mi piacerebbe migliorare in tutti questi aspetti e quando trovo i piloti “giusti” cerco di sfruttare al massimo la loro esperienza”.

Passa alla prossima pagina per scoprire i progetti futuri di Dovizioso

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