Moto2, intervista a Lucio Nicastro: “Arbolino un folletto nel box, ma molto serio sul lavoro"

Moto2, intervista a Lucio Nicastro: “Arbolino un folletto nel box, ma molto serio sul lavoro"© Luca Gorini

Com'è lavorare con Tony? Ce l’ha raccontato in esclusiva il suo capotecnico, dicendoci anche qual è stato il suo soprannome iniziale nel box Marc VDS...

12.12.2022 17:49

Quest'anno Tony Arbolino ha disputato la sua seconda stagione in Moto2, che equivale alla prima con i colori dell'Elf Marc VDS Racing team. Il talento di Garbagnate Milanese è stato guidato dal capotecnico Lucio Nicastro, che in esclusiva ci ha raccontato alcuni aspetti di questa stagione. Da quelli più tecnici a quelli più intimi, che fanno rigorosamente parte del dietro le quinte del mondo del motociclismo.

Com’è lavorare con Tony?
"Impegnativo. Arrivava da una stagione difficile e ci è voluto un po’ di tempo per interpretare le sue necessità e capire il suo modo di spiegarsi. Nell’inverno qualche dubbio ce l’ho avuto, anche perché arrivava da un team valido e aveva fatto molta fatica nel 2021. Non vedevo tutto il potenziale che poi ha mostrato in seguito. Abbiamo dovuto adattarci a lui, lui capire come noi lavoravamo. Qualche soddisfazione poi ce la siamo tolta".

Dal punto di vista umano che ragazzo hai trovato?
"Fantastico. Molto entusiasta, sempre allegro. Ha un atteggiamento molto positivo con tutti, porta tanta armonia nel box. Quando invece le cose non vanno bene, rimane sempre con il morale alto, ma subito nell’immediato, se non lo si conosce, sembra che la situazione sia disastrosa. Il gruppo è sempre rimasto unito e lui ascolta molto, dandoti tutta la fiducia che può".

Cosa hai fatto per metterlo a proprio agio?
"All’inizio ho cercato di tenerlo con i piedi per terra. Scherziamo molto tra noi, siamo sempre a un livello alto di gioco anche nei momenti seri, e quindi ho cercato di fargli capire che bisognava continuare a lavorare e che le cose non sarebbero arrivate da sole. La sua forza è stata quella di ascoltarci mantenendo la calma. Già a novembre gli avevo detto che ci sarebbe voluto tempo. Dopo il periodo di metà campionato un po’ difficile è stato bello vedere che si è risollevato, non è sempre facile. A Misano ci siamo seduti tutti insieme e abbiamo fatto un reset di alcune cose, riprendendo delle buone abitudini perse durante la stagione".

"Ha bisogno che ci sia una connessione umana molto forte"


Avete un vostro rito?
"A livello di scaramanzia no. Giochiamo sul fatto che molte volte la macchina a noleggio è parcheggiata al numero 14 o andiamo al ristorante e ci danno il tavolo 14. In generale viviamo praticamente in simbiosi, a metà pomeriggio ci prendiamo un tè e facciamo il punto della situazione. Lui ha bisogno di tanto rapporto umano, che ci sia una connessione umana forte. Durante i weekend di gara stiamo tanto tempo insieme, poi mi scrive alla sera, mi manda i filmati dell’on board. È uno che ci pensa molto, lavora tanto anche da solo quando è a casa. Non si ferma mai e questa è una cosa buona. È come avere un folletto nel box, un giullare ma molto serio sul lavoro. Non bisogna confondere il saper ridere con la serietà. Da fuori sembra quasi un personaggio strano, ma è molto più sul pezzo di tanti altri che sembrano molto più seri e in realtà non hanno tutta questa passione e voglia di arrivare".

Ci racconti un aneddoto?
"A inizio stagione, a novembre dopo i primi test invernali, aveva fatto un’uscita decente ed è entrato nel box dicendo: “Sono un cavallo” per dire che era forte. Io gli avevo risposto che a dire la verità mi sembrava un Pony e che anzi l’avrei chiamato Pony Arbolino fino a quando non avrebbe fatto il primo podio. Questo lo faceva arrabbiare, gli attaccavamo Pony dappertutto! Poi fortunatamente ha vinto ad Austin e questo nomignolo se l’è tolto in fretta. Già in Qatar aveva fatto la prima fila e nessuno se l’aspettava. Proprio a Losail il suo preparatore atletico Ivan (Lopez), il giovedì aveva detto: “Ah se parti in prima fila, faccio la maratona sul tapis roulant dell’hotel”. Noi tutti a ridere, perché era una scommessa secondo noi impossibile, alla prima gara. Invece ci riuscì e domenica mattina quando sono sceso a fare colazione era già lì che correva sul tapis roulant. E quella mattina ha fatto davvero 42 km..."

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