Il manager descrive il nuovo campione del Mondo: "È cresciuto tanto, grazie anche alle
persone che lo circondano e a Pramac"
Seppur abituato ai successi, condivisi assieme a Jorge Lorenzo e Pedro Acosta, “assuefatto” dalle soddisfazioni regalategli da Aleix Espargaró, Albert Valera ha provato una gioia quasi sconosciuta. Vincere il Mondiale della MotoGP con Jorge Martin ha costituito, per il manager e fondatore della Playmaker Agency, una gioia andata oltre il puro risultato sportivo.
Il professionista con dimora a Londra e studio ad Andorra elargisce sorrisi larghissimi: “Provo una felicità indescrivibile” le parole, con lo sguardo puntato sulla RS-GP pronta per il neoiridato. “Una gioia quasi unica. Conosco ormai bene Jorge, so quale tipo di persona sia: verace, di cuore, sanguigna. Martin è il Terminator della MotoGP, ma nella versione buona di Arnold Schwarzenegger: malgrado ami effettuare tanti sorpassi, sprezzante del pericolo, Martinator è sempre pulito e preciso, onesto, come lo è nella vita privata”.
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A precedere l’ultimo Gran Premio stagionale, la sua tensione si avvertiva nell’aria.
“La sua? Sì, ma anche la mia (ride). Entrambi eravamo reduci da un bellissimo 2023, tuttavia finito male a Valencia. Insieme abbiamo imparato tante cose, maturando esperienze importanti. Io e Jorge eravamo tesi prima del SolidarityGP, ma non ai livelli della passata stagione. Posso dire che la gestione del campionato è avvenuta in una modalità... tranquilla”.
Lui era convinto di due cose: vincere il titolo e andare in Aprilia.
“Vincere il titolo, sì. Andare in Aprilia, soltanto dopo aver realizzato di non poter entrare nella squadra ufficiale Ducati. Jorge avrebbe potuto continuare con Pramac e la Desmosedici, ma sognava un posto nella struttura Factory di Borgo Panigale. Martin necessitava di nuove sfide, perciò Noale rappresenta l’opzione perfetta”.
Sulla sua RS-GP niente numero 1, per ora.
“Esatto, ancora non sa cosa fare: ci deve pensare su e con calma. Al momento il numero 1 attende, perciò sul cupolino dell’Aprilia sono comparse due stelle dorate, con il numero 89 proposto su carene e tuta. C’è un inverno per decidere. Il verdetto sarà basato su profonda convinzione. Anzi, mi viene in mente un episodio: per evitare la malasorte, io e lui evitavamo di parlare del numero 1 e di come comportarci in caso di vittoria. Io mi sentivo scaramantico, Jorge niente affatto: ‘Albert, voglio il Mondiale’. E ci è riuscito”.
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