MotoGP: la statistica che non sorride a Bagnaia e Bastianini

MotoGP: la statistica che non sorride a Bagnaia e Bastianini© Luca Gorini

Quando il pollaio ha due galli non sempre finisce bene: ecco cosa dice la storia

11.01.2023 ( Aggiornata il 11.01.2023 14:24 )

Due galli in un pollaio: la storia del motociclismo è riccadi convivenze forzate tra piloti fortissimi. Limitandoci alla MotoGP ricordiamo la faida in due puntate (2008-2010 e 2013-2016) in Yamaha tra Valentino Rossi e Jorge Lorenzo, mentre nella 500 la madre di tutte le battaglie intestine andò in scena nel 1973 alla MV Agusta tra Phil Read e Giacomo Agostini.

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I precedenti in MotoGP


Grande attesa, più recentemente, ha suscitato il dream team Honda del 2019 con Lorenzo accanto a Marc Marquez, ma il mancato adattamento dell’ex ducatista alla RC213V e i suoi frequenti infortuni non hanno prodotto alcuna sfida in pista. Ora ci prova la Ducati, affiancando al campione del Mondo, Pecco Bagnaia, il terzo classificato del Mondiale 2022, Enea Bastianini. Si tratta oltretutto dei due piloti che più hanno vinto l’anno passato: sette successi per il piemontese, quattro per il pilota con la Ducati-Gresini, mentre Fabio Quartararo è salito sul gradino più alto del podio “soltanto” tre volte.

La coabitazione ai box tra il primo e il secondo, o il terzo, della precedente stagione è piuttosto frequente nella classe regina, ultimi in ordine di tempo sono Joan Mir e Alex Rins nel 2021: l’anno prima, pur ottenendo un unico successo nella stagione resa monca dalla pandemia, il maiorchino aveva conquistato lo scettro mentre il compagno di squadra era giunto terzo, alle spalle di Franco Morbidelli.

I due sono rimasti assieme pure nel biennio successivo e soltanto la chiusura del Team Suzuki Ecstar li ha portati a correre in team separati, anche se sempre sotto lo stesso ombrello (Honda).

Lawson, Schwantz e Sheene


Tuttavia, per trovare un precedente riguardante il congiungimento tra un iridato e un collega reduce dalla Top 3 della classe regina bisogna tornare al 1990. Nel campionato precedente ebbe la meglio Eddie Lawson: il trionfo con la Honda gli permise di diventare il primo iridato per due anni di fila con due marche differenti, essendosi imposto nel 1988 con la Yamaha di Agostini. Nell’89 con la Casa dell’Ala Dorata riuscì a piegare Wayne Rainey (Yamaha-Roberts) che dopo essere scattato meglio conservò la testa della classifica fino al GP Svezia, quando un high side gli costò l’unico “zero”, poi decisivo.

Lawson vinse il titolo con 228 punti e Rainey giunse secondo con 210,5. A vincere più gare di tutti nel 1989 fu però Kevin Schwantz, ben sei con la Suzuki, ma il texano chiuse in quarta posizione.

Nel 1990 Lawson tornò alla Yamaha, ma per affiancare Rainey nel Team Roberts. L’atteso duello si vide però soltanto nella seconda metà della stagione perché Eddie si ruppe subito una caviglia (si ritrovò senza freni a Laguna Seca in prova, a causa dell’errore di un meccanico) e fu costretto a saltare sei GP.

Pur competitivo, come dimostrano i sei podi, non ottenne nemmeno una vittoria, piacere ritrovato per l’ultima volta al GP Ungheria 1992 con la Cagiva. Rainey vinse il titolo con sette vittorie e 67 lunghezze di vantaggio su Schwantz, quando la vittoria ne assegnava 20.

Non deve invece trarre in inganno il già citato 1989, con Lawson e Wayne Gardner su Honda ed entrambi sponsorizzati Rothmans. Nel 1988 erano stati primo e secondo in campionato, ma l’anno dopo, pur ottenendo assistenza dalla Casa madre, l’americano proveniente dalla Yamaha fu seguito da Erv Kanemoto mentre l’australiano si affidò alla struttura HRC con Jeremy Burgess nelle vesti di capomeccanico. Per questa ragione, essendo i box e le strutture differenti, non possono essere considerati alla stessa stregua del nuovo binomio Ducati.

Nel 1985 Lawson aveva vissuto un’altra situazione del genere, ma in questo caso era stato lui ad accogliere un compagno reduce da una stagione da top rider. Dopo il primo titolo in 500 – pur vincendo meno gare di Freddie Spencer, ma chiudendo tutti e 12 i GP tra i primi quattro – Eddie restò con la Yamaha-Agostini, che gli affiancò Raymond Roche, terzo nel 1984 grazie a otto podi. La costanza del francese incantò Agostini che gli affidò la seconda OW 81, senza esserne ripagato: Roche fu soltanto settimo, anche a causa di un unico podio, mentre Lawson vinse tre volte ma fu secondo in sei casi, sempre preceduto da Spencer, che si prese il campionato con otto punti di margine.

Lo storico primo caso è vecchio di quasi mezzo secolo. Con il ritiro di MV Agusta e Yamaha, il 1976 vide l’affermazione della Suzuki, capace di monopolizzare la Top 6 della 500. A imporsi fu il portacolori del Team Texaco Heron, Barry Sheene, con cinque vittorie, tutte nei primi sette GP, incluso il Tourist Trophy boicottato dai migliori. Secondo fu Teuvo Lansivuori, esponente del Team Life e terzo Pat Hennen, a tutti gli effetti un privato, ma capace di mettersi tutti dietro in Finlandia, regalando agli USA la prima vittoria in 500.

Per il 1977 lo statunitense venne aggregato alla formazione ufficiale Suzuki, dove trovò proprio Sheene e Steve Parrish.

Il risultato finale fu il medesimo della stagione precedente, con il numero 7 nuovamente campione, grazie a sei vittorie, con Hennen ancora terzo. Secondo giunse Steve Baker con la Yamaha ma senza alcuna vittoria, a differenza di Hennen che trionfò all’ultimo round, a Silverstone. Uno smacco incredibile per i tifosi di casa perché per la prima volta la prova britannica del Mondiale non si disputava all’Isola di Man ma in Inghilterra.

Ci sono tre eccezioni a questa regola... chi sono? Scoprilo nella prossima pagina!

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