MotoGP, Paolo Simoncelli: "Gran lavoro per la sicurezza, ma il destino decide"

MotoGP, Paolo Simoncelli: "Gran lavoro per la sicurezza, ma il destino decide"© Luca Gorini

ESCLUSIVA - Il babbo del SIC: "Tanto di buono è stato ottenuto, malgrado negli incidenti di gruppo si possa fare veramente poco, perché i piloti rischiano di essere investiti"

01.11.2022 ( Aggiornata il 01.11.2022 12:39 )

Undici anni dopo, Sepang International Circuit, la pista che, coincidentemente, porta l’abbreviativo di Marco Simoncelli, riconosciuto come “SIC”, deceduto durante il Gran Premio Malesia del 2011. La gara domenicale edizione 2022 si è disputata proprio nel giorno 23 ottobre, lo stesso della funesta data in cui papà il papà Paolo, impotente, vide suo figlio andarsene.

Si è trattato di un fine settimana delicato, particolare, e anche storico; una delle date più tristi per l’Italia della MotoGP, che avrebbe potuto collimare con un evento importante. Ducati e Pecco Bagnaia avevano la concreta opportunità di riportare il titolo piloti al Bel Paese, per un giorno del Signore dalla premesse agrodolci, sebbene per Simoncelli si trattasse soo di mera costruzione giornalistica:Penso che ognuno abbia la propria storia - appunta, seduto su una delle poche sedie ad arredare l’ufficio praticamente spoglio e fermatosi nel tempo - qualora Bagnaia avesso fatto suo il titolo mondiale, la situazione non avrebbe alcun legame con la scomparsa di mio figlio. E’ accaduto, e basta”.

Converrai, tuttavia, che il 23 ottobre e la domenica della Malesia sia una sincro da notare.

Se la medesima data potesse cambiare qualcosa, tornerei indietro. Purtroppo, nulla si può fare. Devo solo accettare quanto successo. Chiaro è che, sapere di un Gran Premio che ricade nello stesso giorno in cui mancò mio figlio, rende il tutto più...”

Più?

Questo posto ci ha dato tanto e ci ha tolto tanto. E non ho niente da recriminare, ci mancherebbe altro: io e mia moglie, in quanto genitori di nostro figlio, abbiamo fatto ciò che ci sembrava giusto, e lo rifaremmo. Marco era molto felice, quindi siamo contenti di come lui si sentisse”.

Sono trascorsi 11 anni, si registrano ancora parecchi decessi. Purtroppo.

“E’ il destino a decidere. Ognuno, come dicevo, ha la propria storia. In termini di sicurezza si è lavorato tanto, credo che sarebbe impossibile ottenere di più. Quando una cosa deve accadere, accade e basta, soprattutto negli incidenti di gruppo, nei quali i piloti rischiano di essere investiti. E’ il destino. Non c’è niente da fare”.

Papà Simoncelli: "Più semplice essere figlio rispetto al ruolo genitoriale"

Quanto è complicato essere genitore di un pilota? Chi meglio di papà Simoncelli potrebbe rispondere? Nessuno, infatti: "Guardiamo il concetto in generale. Fare il genitore è complicato. I genitori, seppur necessari e fondamentali, a un certo punto devono stare al loro posto. Quando il ragazzo arriva a una determinata età, si lega a un team. Ecco, quello è il momento in cui papà e mamma devono mettersi da parte, tralasciado i legami famigliari. Meglio evitare di essere invadenti, non so se mi spiego”.

Ti spieghi benissimo. Per te è stato più semplice essere figlio o papà?

“E’ più facile essere figli, mica genitori. Me ne rendevo conto con Marco: gli dicevo qualcosa, non andava mai bene. La stessa cosa gli veniva detta da Alice, andava benisso. Il classico rapporto tra papà e genitore. Ma ho capito di quanto i figli vogliamo avere i paletti”.

I paletti?

Sì, parlo delle regole da rispettare. I figli adorano rispettare le regole, sentirsele ripetere, seguirle. Senza le suddette regole, i figli si sentono persi. E, di conseguenza, diventa parecchio dura provare a recuperarli, perché poi potrebbe essere troppo tardi”.

Quando si stacca il cordone ombelicale?

“In ambito di competizioni a due ruote, dovrebbe avvenire presto, sebbene siano comunque necessarie approvazioni e firme. Sino ai 18 anni da compiere, ci vuole la firma dei genitori. Senza l’approvazione, niente corse. Dalla maggiore età in avanti il discorso cambia, però non siamo ai tempi di Max Biaggi, quando il romano cominciò sino a diventare campione e professionista. No, oggi è impossibile. Un ragazzo ha bisogno del supporto offerto dalla famiglia”.

Qual è la caratteristica che rende vincente un pilota?

La fame. Il pilota che ha fame, vuole vincere sempre e comunque, perciò ci proverà sempre e comunque. Guardiamo Marc Marquez dopo la gara di Phillip Island: ha detto che questo lavoro si fa solo se spinti da una grossa fame. Se non si ha fame, questo lavoro non si fa. E’ la regola. Le doti servono, ma la voglia di mangiare tutto, di più”.

Papà SIC: "I piloti devono avere fame. Altrimenti..."

Lo aveva evidenziato in queste note, noi abbiamo espressamente dedicato un paio di domande. Il cosiddetto "appetito agonistico" quanta rilevanza ha nelle corse? Secondo Paolo, tantissimo, malgrado egli possa permettersi di aver meno fame: "Io potrei anche rinunciare a mangiare - le sua parole - e dico che non mi cambierebbe la vita. Parlo dei giovani: un ragazzo che parte dalla minimoto, si allena tre volte al giorno, vuole crescere nell’obiettivo di entrare nel professinismo, ci riesce e allenta la tensione, poi si perde per strada. Ed è un peccato, ma non solo. Vedere tanti giovani smarrirsi mi fa decisamente arrabbiare”.

Sei soddisfatto dai risultati colti dalla sua squadra?

“Il mio team potrebbe fare molto di più. Riccardo Rossi deve ancora capire quali sacrifici comporti correre in moto. Lorenzo Fellon si è perso strada facendo. Il nostro potenziale è maggiore di quanto mostrato sinora. E mi arrabbio parecchio: una volta siamo sul podio, quella dopo arriviamo ventesimi. Va trovato un ottimo equilibrio, la moto va bene, serve un polso efficace e, come ho già spiegato prima, tanta fame. Altrimenti, perdersi è un attimo, e tornare indietro non si può. Purtroppo, non si può”.

 

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