Esclusiva, Mir: “Sono un perfezionista”

Esclusiva, Mir: “Sono un perfezionista”©  Milagro

"Sono sincero e trasparente: questo, a volte, mi ha creato difficoltà, ma è il mio modo di vivere. Mi descriverei ossessionato dalla mia attività. Per me non è mai abbastanza, nemmeno ora che ho la velocità per ottenere grandi risultati", racconta lo spagnolo

01.11.2020 ( Aggiornata il 01.11.2020 12:30 )

Esistono stagioni in cui un emergente cattura l’attenzione, non accade di rado. L’esempio più lampante è ovviamente legato al 2013, quando Marc Marquez si aggiudicò il titolo della MotoGP all’esordio. Lo scorso anno, invece, Fabio Quartararo non ha vinto neppure una gara, ma il suo rendimento al debutto in top class - con sei pole position e sette podi - è stato strabiliante.  

Oggi è il turno di Joan Mir: 23 anni compiuti da poco, il maiorchino non è un debuttante in MotoGP, ma è quasi equiparabile a un rookie, viste le difficoltà incontrate lo scorso anno, a cominciare dallo spaventoso incidente nei test di Brno. Nelle ultime settimane il campione del Mondo della Moto3 del 2017 è stato spettacolare, per velocità e costanza: le rimonte delle sua Suzuki con la splendida livrea grigia e blu sono divenute una consuetudine.  

In poche settimane, Joan è diventato un grande nome della categoria, ricercato dai media, con cui “tratta” con educazione, mostrandosi riflessivo e al tempo stesso capace di spiazzare con le risposte. In questa intervista, il Joan Mir pilota viene preceduto dalla persona.  

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Cosa vede Joan Mir quando si guarda allo specchio? 

"Mi considero un ragazzo piuttosto normale, un lavoratore, a volte ossessionato dalla mia attività. Ma in fondo sono felice per ciò che faccio".  

Riesci a sentirti normale pur svolgendo questa attività? 

"È vero che correre a questi livelli non è un mestiere convenzionale. Tutto ciò che è connesso alla MotoGP - dai media alle pressioni - non è normale, ma mi considero una persona normale, che esce di casa per andare a svolgere il proprio lavoro. Ho la fortuna di aver trasformato la mia passione nel mio mestiere".  

Guardandoti allo specchio ci sono inevitabilmente cose che ti piacciono di più e altre meno: cosa cambierebbe Joan Mir di se stesso? 

"Dovrei avere più pazienza, ed essere più amorevole. È una domanda complicata, questa".  

Il fatto che non ti consideri perfetto è di per sé un buon segno.  

"Non mi vedo perfetto, anzi, sono un perfezionista. So di non sapere troppo della vita, sono giovane, ma credo di prendere le cose nel modo corretto. Penso di essere abbastanza umile, mi piace ascoltare le persone, in particolare quelle che sanno più cose di me. Saper ascoltare è una qualità importante, secondo me".  

Essere perfezionista, o persino “ossessionato” come hai detto tu stesso, fa parte del tuo carattere? 

"Sì, perché non si finisce mai di imparare. So come scollegarmi dal mio lavoro, ma non per molto tempo. Penso spesso a come migliorare ed essere più veloce. A volte, essere ossessionati rende un po’ ossessionanti...".  

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Una qualità che ti contraddistingue è la sincerità nelle interviste: non è una virtù comune a tanti tuoi colleghi.  

"Sì, e questo a volte mi crea difficoltà. Perché non si possono dire certe cose, per questioni politiche e di confidenza. Ma io sono sincero e preferisco dire le cose come stanno".  

Si dice che la professione faccia l’uomo: un poliziotto è tale 24 ore al giorno, un giornalista fa sempre domande, gli avvocati sono sempre... (censura)... 

"Devi sperare che mio padre non sia un avvocato (ride)".  

Anche voi piloti siete tali 24 ore al giorno, sempre competitivi in ogni ambito? Sei anche una persona molto esigente? 

"Sì, sono esigente con gli altri perché lo sono con me stesso. Sono d’accordo, è tutto collegato: la professione e la personalità. Io ho 23 anni ma rispetto a tanti miei coetanei sembro più maturo. Ma non certo per intelligenza, a scuola non avevo certo i migliori voti. Semplicemente, ho vissuto questi anni più intensamente rispetto a molti miei coetanei".  

Qual è un difetto che non tolleri nelle altre persone? 

"Io ammiro le persone trasparenti, sincere, che non hanno due facce e che non agiscono un giorno in un modo e il giorno successivo nella maniera opposta. Credo di saper identificare in fretta chi è trasparente, e apprezzo queste persone. Alla mia età ho già vissuto il trauma di chi ha visto la propria fiducia tradita da una persona. Essere traditi da un’altra persona: ecco cosa odio di più".  

Qual è la cosa più importante nella vita? 

"La famiglia. Perché quando sei reduce dalle gare, e da un ambiente con tutte quelle pressioni e quella competitività, tornare in un posto che puoi chiamare casa... non ha prezzo. E succede quando ho svolto un buon lavoro, ma anche quando le cose sono andate meno bene. Quando ho ottenuto un bel risultato, il ritorno a casa è felicità pura. Ho un posto che posso chiamare casa, se non ce l’avessi, la mia vita sarebbe vuota".  

Quale segno ha lasciato il terribile incidente dello scorso anno a Brno? 

"Non sono cambiato. Poi è vero, è stato un incidente serio: venivo da qualche gara negativa, ma stavo trovando la chiave di volta, poi è arrivata quella caduta, non per colpa mia. Ma so che è un’esperienza comune a più o meno tutti i piloti della MotoGP. E questa esperienza mi ha reso più forte".  

Quindi l’incidente ha avuto un effetto.  

"Sì, ma non ha influito sul mio carattere".  

Rispetto ad Andrea Dovizioso intervistato “allo specchio”, tu fornisci risposte piuttosto differenti. Lui ha detto che un pilota della MotoGP deve avere una vita lontano dal paddock, e un’attività grazie alla quale si può disconnettere dal Mondiale. Nel suo caso è il Motocross, nel tuo? 

"L’allenamento mi aiuta, in questo. Soprattutto se lo affronti, come nel mio caso, fissando obiettivi sempre superiori. Diciamo che mi disconnetto dalla pressione della MotoGP, ma non dalla pressione. Disconnettersi totalmente, per me, è una domenica in cui non faccio niente, in cui sono con le persone care, con i miei cani. Ora la mia famiglia è ad Andorra, e facciamo tante cose assieme, a cominciare dalle passeggiate in montagna".  

Ti giriamo un paio di domande di Chicho Lorenzo, che ti conosce sin da quando eri un bambino.  

"Sì, è vero".  

Per esempio chiede cosa hai dovuto modificare nel passaggio dalla Moto3 alla Moto2, e perché nella categoria di mezzo ti sono mancati i risultati: problemi a livello tecnico, di guida, fisici o mentali? 

"Uscivo da una stagione spettacolare in Moto3, con il titolo mondiale: con Leopard, tutto aveva funzionato alla perfezione, e vincere era la normalità. Dopo aver vissuto un’esperienza del genere, ero salito in Moto2 (ereditando in Marc VDS la moto del campione uscente Franco Morbidelli, nde), e le sensazioni iniziali erano ottime, la transizione sembrava semplice. Penso alla gara in Texas, dove al secondo giro ero 17°, ma poi avevo rimontato fino a chiudere al quarto posto. Poi, all’improvviso, dopo tre podi, nella seconda metà della stagione i risultati non erano più arrivati. Non dimentichiamoci dei problemi del team, che era stato smantellato perché c’era stato il problema con Michael Bartholemy che di fatto aveva spaccato la struttura in due. Nonostante tutte le questioni, le persone nel team avevano continuato a lavorare in modo favoloso, ma la situazione non era favorevole, non c’era più una buona atmosfera con il management. E si parla della Moto2, una categoria impegnativa, dove basta poco per perdere terreno".  

Sei salito in MotoGP dopo una sola annata in Moto2: il salto è stato più fisico o mentale? E come hai gestito lo status iniziale di seconda guida? 

"In nessuna delle categorie precedenti ero stato la seconda guida all’interno del team. Ammetto che iniziare l’esperienza in MotoGP accanto a un pilota consolidato come Alex Rins in Suzuki è stato difficile. E quindi mi sono allenato ancora di più a casa. Da rookie della MotoGP, l’esperienza l’ho fatta come accade a tutti, cioè con le cadute: è normale, visto che nessuno, a parte Marquez, ha vinto al primo tentativo. I risultati magari non arrivavano ma ho sempre dato il 100%, i progressi si sono visti nel finale della stagione, ma i risultati non erano ancora quelli voluti".  

Ora invece... 

"Sto vedendo i miei sforzi, i nostri sforzi, ripagati, abbiamo la velocità per ottenere grandi risultati".

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