Spies: "La mia guida inadatta alla MotoGP, come Toprak. Ai fan interessa lo show"

Spies: "La mia guida inadatta alla MotoGP, come Toprak. Ai fan interessa lo show"© GPagency

"Texas Terror" (si) racconta: "Nel 2013 mi uscì la spalla per una sbacchettata, a Indy dissi basta. Gomme leggermente meno performanti e meno sviluppo milionario per avere più sorpassi"

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21.11.2023 ( Aggiornata il 21.11.2023 12:10 )

Ci sono piloti che si costruiscono con il lavoro, e piloti che invece possono contare su un talento innato, da unire poi ad impegno e sacrificio. Ecco, Ben Spies appartiene probabilmente alla seconda categoria, del resto “Quando fai certe cose tutti i giorni, come entrare in curva 150 chilometri orari, non ci pensi e tutto diventa normale. Spesso la guida è questione di percezioni, non di calcoli mentali". 
 
Normale o perlomeno usuale non è nemmeno vincere al debutto – provenendo dagli USA – il titolo in Superbike, e non lo è nemmeno salire sul podio alla quinta gara della prima stagione completa in MotoGP. Due obiettivi centrati da “Texas Terror”, che si è raccontato ai microfoni del podcast “Gypsy Tales”, parlando di una ampia varietà di temi. Ad esempio della sua esperienza in top class, fruttifera ma non quanto auspicato.
 
“Il mio stile di guida in generale non era adatto alla MotoGP, un po’ come oggi Toprak, che metto quasi sul piano di Marquez dal punto di vista del talento. Ci ho parlato dopo i suoi test con la M1, e gli ho detto che sarebbe stato difficile. Rea è un altro pilota con un talento sufficiente per correre in MotoGP, ma avrebbe dovuto cambiare stile, e questo forse gli avrebbe tolto qualcosa. Credo sia stato meglio restare in SBK e vincere titoli piuttosto che passare in MotoGP”.
 
L’avventura in classe regina dell’americano è stata però condizionata anche dagli infortuni alle spalle, che lo hanno costretto nel 2013 – prima ed unica stagione insieme al team Pramac e dunque in sella ad una Ducati - a fermarsi.
 
“Ero al 60% in quella stagione fisicamente. Al Mugello mi è uscita la spalla destra solamente perché in uscita dalle Biondetti ho toccato il verde e la moto si è leggermente scomposta: quella cosa mi ha spaventato a morte, anche perché se fossi stato al primo giro di gara avrei portato a terra diversi piloti all’ultima curva. Ad Indianapolis ho fatto una brutta caduta, e ho lasciato la pista dopo aver operato sia la spalla destra che quella sinistra, così ho detto basta”.

Spies e la MotoGP odierna 

La MotoGP ha così perso un talento cristallino. La stessa MotoGP che oggi è certamente mutata rispetto a quella in cui si è distinto Ben, tra aerodinamica e necessità di generare spettacolo.
 
“Non sono particolarmente fan dell’attuale deriva aerodinamica, dato che è facile esagerare. Il down force generato ad esempio limita i punti e le modalità di sorpasso, ed infatti è diventato più difficile superare. L’attuale situazione tecnica ha portato alcune belle gare, ma anche cadute ed infortuni, il tutto con 44 gare da svolgere. Le Sprint? Ancora di più che nelle gare lunghe molto si decide nei primi due giri, ossia nel momento in cui è più difficile guidare queste moto ad un certo passo”.
 
Spies approfondisce l’argomento, confermando come quello che interessa al pubblico non sia la pura prestazione, quanto la battaglia e dunque lo show.  
 
“Ai fan non interessa il tempo il giro o il record della pista, vogliono vedere la gara più avvincente possibile. Sarebbe meglio che in futuro alcune novità tecniche venissero meno: se fai i 360 chilometri orari al Mugello, sei in gruppo e per sbaglio non freni prima di chi ti precede sei in un mare di problemi. Alex Marquez quest’anno ha offerto un esempio di ciò, per fortuna ha trovato uno spazio dove passare senza colpire nessuno. Si è cercato per anni di rendere le corse più avvincenti, ed ora penso basti portare delle gomme leggermente meno performanti ed evitare sviluppi milionari”.

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