La prima puntata del nostro podcast “firmato” da Jeffrey Zani è dedicata al campione australiano “Mentre sentivo i meccanici che scaldavano la mia Honda 500 a volte pensavo: ma ci devo proprio salire?”
Quando taglia il traguardo del GP Australia del 1990, Wayne Gardner ha il polso gonfio come una papaya e la carena che balla come un aborigeno durante un rituale sacro. In gara ha siglato il giro più veloce facendo meglio della pole firmata il giorno prima dal pilota che lo segue a otto decimi, stesso passaporto e medesima livrea, quella Rothmans dell’iconica Honda 500 ufficiale, dietro alla visiera gli occhi di Mick Doohan, a completare una doppietta australiana nel round di casa per entrambi. Festa, apoteosi, delirio per le decine di migliaia di spettatori accorsi a Phillip Island per l’ultima tappa della stagione.
Si tratta del secondo GP in assoluto, sul fresco tracciato dell’emisfero australe, una pista nata proprio per dare a Gardner, iridato nel 1987 sulle mezzo litro, un palcoscenico sul quale esibirsi davanti ai connazionali. L’anno prima il ponte che collegava l’isola a sud di Melbourne al resto del continente era rimasto bloccato per un bel po’, tanti erano gli spettatori, un ingorgo di quelli veri. Non sapevano dove metterla, tutta quella gente. Poliziotti a cavallo, agricoltori che aprivano le recinzioni dei campi per far parcheggiare le moto, file a perdita d’occhio. Mentre lui, Wayne, veniva sorpreso in auto mentre ascoltava una canzone che meglio, forse, proprio non poteva scegliere…
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