Il ricordo di Phil Read, il Principe delle due ruote

Il ricordo di Phil Read, il Principe delle due ruote

Il ricordo di Agostini: "Phil era tenace, persino cattivo, ma era uno dei cinque più grandi di sempre"

25.10.2022 ( Aggiornata il 25.10.2022 12:35 )

Prima la Regina, poi il Principe: in meno di un mese il Regno Unito ha perso due delle sue icone. Ma se la Regina Elisabetta era amata da tutti i sudditi, lo stesso non può dirsi di Phil Read, il Principe della Velocità, spentosi giovedì mattina nel sonno, nella casa di Canterbury, a 83 anni. In patria non gli hanno mai perdonato la campagna, a fianco di Giacomo Agostini, per l’esclusione del Tourist Trophy dal Mondiale.

Il TT e il ricordo di Agostini


“Quando corsi il TT del 1972 – ha raccontato una volta – pur essendo cinque volte campione del Mondo ricevetti un ingaggio di 50 sterline. E dovetti pagare il traghetto, l’hotel, tutto. Quindi anche se avessi vinto una o due gare, l’Isola di Man mi sarebbe costata dei soldi. Adoravo il TT, ma io e Ago concertammo che non ci saremmo più andati. “Proprio così – conferma il 15 volte iridato – essendo inglese teneva a quella gara, ma anche lui concordava sul fatto che non dovesse essere una tappa obbligatoria del Mondiale”.

Le Federazioni britannica e internazionale tennero duro, salvo arrendersi alla realtà nel 1977 quando il TT fu rimpiazzato nel calendario da Silverstone. Incredibilmente, proprio quell’anno Phil Read decise di tornare al TT, dove dovette fronteggiare l’ostracismo degli isolani. Un poliziotto gli consigliò persino di spostare il van sul retro dell’hotel per non rendere nota la sua presenza a Douglas. Si iscrisse alla Senior con una Suzuki e alla F1 con una Honda e, pur avendo già 38 anni, e sebbene non corresse nel Mondiale da oltre un anno vinse entrambe le gare, arrivando a otto successi al TT. “Mi diedero seimila sterline per correre il TT quell’anno – raccontava sempre Read – così tornai a casa con oltre ventimila sterline”.

Un buon motivo per dimenticare i fischi durante le premiazioni, insieme alla conquista del titolo iridato F1, introdotto proprio quell’anno e assegnato in prova unica all’Isola di Man. Fu l’ottavo e ultimo Mondiale vinto da Read dopo i sette nella Velocità. È soltanto una delle tante sue prime volte, come il fatto che l’inglese era stato il primo iridato in 125 250 e 500, traguardo poi eguagliato dal solo Valentino Rossi.

Una carriera da record


La prima moto di Read fu una Velocette KSS 350, in sella alla quale “Mi sentivo il re della strada”. Passò a una Matchless 250 che guidava infischiandosene del Codice della Strada, finché un giorno rischiò un frontale con un’auto: “Fu il mio più grande spavento, mi convinse che correre su strada era pericoloso. I circuiti erano l’unico modo per divertirmi guidando al massimo”. Nel 1956 si comprò una BSA 350 e corse una gara Clubmans a Kirkby Mallory e due anni dopo debuttò all’Isola di Man, con il terzo posto nella Junior al Manx GP, competizione che vinse, ma nella Senior, nel 1960. L’anno seguente esordì al TT e fu anche la sua prima gara iridata: nella 125 e nella Senior non vide il traguardo ma si rifece aggiudicandosi la 350 con una Norton.

Fu il primo di 52 GP vinti, cifra che gli vale il nono posto nella classifica di tutti i tempi, anche se per Agostini “Phil è tra i cinque più forti di sempre. Un bel manico, ne apprezzavo la bravura e anche quel modo di correre cattivo, non risparmiava niente, ma se vuoi vincere non devi avere il cuore”. I suoi podi sono 121, record britannico davanti ai 112 di Mike Hailwood. E proprio a un podio torna con la memoria Gianfranco Bonera, compagno di squadra in MV Agusta nel 1974 e 1975: “Penultima gara della 500 nel 1974, a Imatra. Lui era in testa al campionato, io secondo dopo aver condotto dopo il GP Nazioni. Arturo Magni (direttore del team, ndr) mi disse che non avendo esperienza dovevo rispettare i giochi di squadra, così terminai la gara secondo, a due decimi da Phil. Mi abbracciò sul podio e anche se non disse nulla, forse, fu un modo per ringraziarmi”.

Agli ordini di scuderia Read contravvenne invece nel 1968 quando conquistò i titoli della 125 e della 250 – la prima dotata di cambio a nove marce, la seconda a otto – grazie a 11 successi e quattro secondi posti: l’accordo tra gentiluomini, approvato dai vertici Yamaha, prevedeva che Bill Ivy aiutasse Read a imporsi in 125 e che il favore venisse ricambiato in 250. Con la Casa dei tre diapason Read era già stato iridato sempre nella quarto di litro nel 1964, quando regalò alla Yamaha il primo Mondiale della sua storia, e nel 1965. Una ricorrenza festeggiata mezzo secolo dopo a Misano, consegnando a Masahiko Nakajima, presidente di Yamaha Motor Racing, la pergamena originale del titolo affinché la portasse nella Hall of Fame di Iwata.

Quel giorno ricordò la vigilia della penultima gara del 1964, decisiva per l’assegnazione della corona: “Arrivai a Monza con due Yamaha RD56 250 nel retro della mia Citroën Safari con un meccanico inglese e uno giapponese. Penso che le nostre impostazioni del carburatore fossero scritte su una cartolina! Sentii il rombo delle Honda sei cilindri e pensai: ‘È finita, non vincerò mai il titolo’, ma vinsi e Mike Duff si mise dietro Jim Redman”. Alla Yamaha, Read era arrivato a fine 1963, con un contratto annuo di cinquemila sterline.

Molti di più ne guadagnava con le gare extra-campionato, come la Temporada Romagnola. E proprio per la caduta in una gara “extra”, a Modena, nel 1976, venne ricoverato in ospedale, da cui scappò con indosso la pelliccia e gli stivali da corsa. D’altronde l’ostentazione era una delle sue caratteristiche, come testimonia Bonera: “Viaggiava con la Rolls-Royce, era altezzoso, come molti britannici. Mi aspettavo qualche consiglio ma da parte sua non arrivò nulla. Mi è dispiaciuto molto imparare che, pur avendo guadagnato tanto, negli ultimi dieci anni lo vedevi quasi cercare l’elemosina, mi prendeva un nodo alla gola, si vedeva che ha fatto fuori tutto”.

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