AGO DAY: l'impresa di Daytona nel 1974 e l'ingresso nella leggenda

AGO DAY: l'impresa di Daytona nel 1974 e l'ingresso nella leggenda

Nel 1974 Agostini compì una delle imprese più importanti della storia del motociclismo, andando a vincere la rinomata corsa americana battendo i piloti di casa

16.06.2022 17:39

L'edizione del 1974 della "classica" di Daytona, la 200 miglia, è passata alla storia per l'impresa di Giacomo Agostini, che con la sua Yamaha (aveva da poco firmato il contratto che lo avrebbe legato alla casa giapponese) sfidò i piloti americani in una delle loro gare più rinomate e prestigiose. C'era molta attesa attorno ad Ago, sia per il solito alone mediatico che distingueva il primo vero divo delle due ruote, nonché uno dei primi divi in generale dello sport italiano, sia per il debutto con la Yamaha, una moto che rappresentava una nuova sfida per il pilota bresciano, che per la prima volta passava da un motore a 4 tempi ad uno a 2 tempi. Tanto da richiamare la curiosità di fan e addetti ai lavori riguardo al modo di guidare la moto, e cioè se avrebbe mantenuto il solito stile di guida fluido e pulito che lo aveva segnato negli anni in MV Agusta.

Da Ago-Dago ad Ago-Daisy: la prova di forza di Agostini contro gli americani


Come ama definire lo stesso Agostini, la vittoria ottenuta a Daytona rappresenta l'impresa più bella della sua carriera, sebbene riguardi un evento non compreso nel calendario del mondiale. Questa più che condivisibile considerazione nasce da una serie di fattori che hanno impreziosito il successo del pilota italiano, aiutando l'impresa ad entrare nella leggenda, nel mito del motociclismo. L'annuncio della partecipazione del 15 volte iridato alla 200 miglia di Daytona generò una grande attesa, condita dal fatto che l'italiano non aveva mai corso negli Stati Uniti, nè aveva mai corso con una moto 2 tempi.

Serviva dunque un'impresa per un pilota che in Europa deteneva in maniera incondizionata ed incontrastata, lo scettro di pilota più forte, ma che negli Usa non riscontrava lo stresso trattamento. La stampa americana non tardò nel mostrare un forte malumore, apostrofando Agostini con appellativi come Ago-Dago, (un dispregiativo richiamo alle origine latine), al quale si aggiunse Ago-Daisy, nomignolo dato da Kenny Roberts per sottolineare quanto Agostini, per quanto fosse forte in Europa, non fosse altrettanto pronto per le gare americane, essendo troppo "soft". Il giovane americano (futuro tre volte campione del mondo della 500) infiammò la sfida e aggiunse successivamente: "Agostini non conosce il circuito e non conosce la sua moto. Me lo mangerò tutto crudo.”

La resa di Roberts: "Agostini non è umano"


Al trash talking dei piloti di casa, ovvero l'attitudine (ravvisabile in molti sport americani) di provocare l'avversario tramite la violenza verbale, Agostini rispose nel modo a lui più congeniale ed efficace, ovvero applicando il suo metodo meticoloso e preciso nella preparazione della corsa, unita ad una preparazione fisica di gran lunga migliore rispetto a quella dei rivali. La differenza mentale, fisica e tecnica, si vide in gara. Agostini, uno dei pochi ad essere dotati di gomme non completamente lisce, partì quinto, ma prese subito la leadership della corsa mettendo in mostra tutte le sue abilità di guida. Lo stile fluido e scorrevole ebbe la felice e voluta conseguenza di preservare gomme, carburante ed energie, in una gara straziante dal punto di vista fisico tanto da "cercare le gocce di sudore con la lingua per bagnarsi", come lui stesso ci ha raccontato. Basti pensare che al termine della gara il pilota bresciano fu costretto alle flebo a causa dello sforzo fisico importante.

La regolarità di guida e la prestazione mostrata furono la miglior risposta allo scetticismo degli americani che dovettero fare un passo indietro di fronte al pilota più vincente di tutti i tempi. Lo dimostrarono le parole dello stesso Kenny Roberts, che al termine della corsa elogiò il rivale italiano, fino a quel momento schernito: "Non posso credere che Agostini sia umano".

Le differenze tra il Tourist Trophy e la 200 miglia di Daytona


Il 15 volte iridato fu uno dei pionieri relativamente alla preprarazione fisica legata alle gare, un vero e proprio punto di forza di cui aveva già imparato ad apprezzare i pregi nelle gare del Tourist Trophy. Lo stesso Agostini ha evidenziato una comunanza tra la difficoltà fisica della 200 miglia di Daytona e la corsa dell'Isola di Man, spiegando alcune importanti e peculiari differenze: "La fatica era differente, al TT ero stanco per la tensione, i salti, gli occhi fuori dalle orbite, ma ero ancora forte. A Daytona ero diventato debole e soltanto il pensiero di quanti erano venuti a vedermi mi diede la spinta per continuare. Con l’orgoglio continuai, ma poi mi fecero una flebo. I rischi delle due corse non sono paragonabili, anche a Daytona hai i muri vicini ma soltanto per tre curve, mentre all’Isola di Man è un continuo, hai una percentuale superiore di pericolo. Inoltre a Daytona se c’era dell’olio ti veniva subito segnalato, mentre il TT durava 60 km, chi poteva avvisarti?".

Un'impresa che entrò nella leggenda e che mostrò una volta di più la velocità e la forza di una pilota senza eguali. Di questo, e molto altro, parliamo nel libro “Giacomo Agostini, un mito lungo 80 anni” scritto dalla redazione di Motosprint in edicola da martedì 14 giugno. Non perdetelo.

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