Storie Italiane: Corrado Catalano, il dramma e il sollievo

Storie Italiane: Corrado Catalano, il dramma e il sollievo© Archivio Motosprint/GpAgency

Il romano iniziò a gareggiare grazie alla TV: "Vidi Imperiali vincere e anche i miei si convinsero". Il punto più alto fu il podio in 125 con Aprilia, ma sul più bello la sua carriera finì con l'incidente di Hockenheim

01.02.2022 ( Aggiornata il 01.02.2022 19:42 )

Una delle storie italiane più sfortunate e al contempo più affascinanti è quella che riguarda la carriera di Corrado Catalano. L’ex pilota romano, classe 1968, esordì nel Motomondiale nel 1987, in 125, per poi arrivare fino alla classe 500, dove nel 1993 fu purtroppo protagonista di un terribile incidente sul circuito di Hockenheim, che mise la parola “fine” anzitempo alla sua carriera e che avrebbe potuto portare conseguenze addirittura peggiori, considerando i venticinque giorni di coma in cui rimase in seguito alla caduta, da cui si è poi fortunatamente ripreso. Senza tuttavia poter tornare a correre.

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Gli inizi


La carriera di Catalano iniziò quasi per caso, davanti alla televisione, dopo essersi reso conto della pericolosità della guida su strada: "Quando ero un ragazzino, i miei genitori erano terrorizzati dai motorini e non volevano permettermi di guidare, ma con l’aiuto del telecronista Federico Urban riuscii a persuaderli. Mi comprarono una Vespa 50, con cui all’inizio guidavo quasi esclusivamente nel giardino di casa. Pochi mesi più tardi passai a una HRD 125 con cui iniziai a girare su strada, fino a quando non vidi, per puro caso, una gara di moto in televisione e mi innamorai delle competizioni in circuito. A vincere quella corsa fu Fabio Imperiali, che conoscevo in quanto era colui che mi riparava la moto, perciò non persi tempo e andai da lui con il solo intento di cominciare a correre in moto. I miei genitori tutto sommato furono felici quando chiesi il permesso di correre, perché non avrei più guidato una moto su strada ma soltanto in pista, perciò mi dissero di sì”.

L’avventura del pilota romano iniziò a livello nazionale, partendo dal Trofeo Laverda: "Cominciai dalla seconda gara della stagione, perché quando si disputò la prima non avevo ancora la licenza. Fu un inizio in salita, ma alla fine dell’anno riuscii a conquistare un quinto e un terzo posto. Quando salii sul podio per la prima volta, ricordo che mi sentii un campione, come il mio idolo Freddie Spencer" ci ha raccontato Corrado, proseguendo con la sua storia personale.

“L’anno successivo passai al Trofeo Honda, dove andai molto bene vincendo sia il primo che l’ultimo round. La svolta per me arrivò proprio al termine di quella stagione, visto che venni chiamato dal Team Italia per correre l’Europeo con le moto da Gran Premio della squadra di Pierluigi Aldrovandi (ex campione europeo e zio di Pierfrancesco Chili, ndr) e per questo mi spostai, andando a vivere a Bologna. Quell’anno fu come un sogno per me, debuttai nel Mondiale e vinsi anche la tappa continentale in Austria, e alla fine diventai vice campione d’Europa, proseguendo poi nella stagione successiva, il 1988, nel Mondiale con il Team Italia portando anche l’Aprilia 125 sul podio per la prima volta, nel GP Francia. Io ero contentissimo, non proseguii con la squadra al termine di quell’anno, ma ci tornai nel 1990, passando alla classe 250, sempre con l’Aprilia. In realtà quella fu una stagione senza soddisfazioni, ma ero contento di correre con l’Aprilia come Loris Reggiani, che per me era un mito, visto il modo in cui guidava e vinceva con quella moto”.

L'approdo nel Mondiale


Nel Motomondiale, l’annata migliore per Catalano fu proprio il 1988, quando in 125 riuscì a salire sul podio chiudendo terzo al Paul Ricard, sfiorando il bis nell’allora GP Cecoslovacchia, a Brno, dove terminò la gara al quarto posto. Proprio quel podio, l’unico nel Mondiale, è uno dei ricordi più belli del pilota romano: “Salire sul podio nel Mondiale fu una delle sensazioni migliori mai provate. Ancora oggi, pensarci è un’emozione indescrivibile. Un altro bel momento a cui mi piace pensare è quando riuscii a tagliare il traguardo in Giappone sotto la pioggia pur essendo rimasto senza freno anteriore per buona parte della gara in seguito a una caduta. A essere sinceri, comunque, ricordo con grande piacere tutte le gare a cui ho preso parte, specialmente quelle con la 500, che era una moto davvero incredibile visto il rapporto peso-potenza. Probabilmente la moto che mi ha stupito di più fu proprio una 500, ovvero la Cagiva, che guidai in diverse occasioni quando mi presero come collaudatore. Rispetto a Honda e Yamaha, forse, era meno potente, ma era molto facile da sfruttare e portare al limite, come dimostrò anche Eddie Lawson in quegli anni”.

Dopo un primo anno in 500 con la ROC-Yamaha, nel 1992, quando Catalano riuscì a chiudere anche in Top 10, in occasione del GP Olanda ad Assen, il 1993 sembrava poter essere finalmente l’anno giusto per inserirsi tra i protagonisti della classe regina.

Il punto di svolta


Ma la carriera - e la vita - di Catalano cambiarono completamente in seguito al terribile incidente avvenuto durante il GP Germania a Hockenheim:Devo ammettere che, purtroppo o per fortuna, di quella stagione e in particolare dell’incidente non ricordo quasi nulla. Ricordo soltanto che la sera prima della gara ero a cena in un ristorante con alcuni giornalisti italiani e dissi, scherzosamente ma non troppo, che avrei vinto la corsa l’indomani visto che nell’ultimo tratto della pista ero il più veloce (si qualificò con il 9° tempo, ndr). Evidentemente, l’epilogo non fu quello che mi ero augurato il sabato sera e, anzi, vedendo poi le immagini in televisione e facendomele raccontare, mi resi conto che ci sarebbero potute essere conseguenze addirittura peggiori per me. Oggi ne parlo in maniera serena, perché sono consapevole di aver comunque vissuto un’avventura straordinaria in quegli anni e sono felice di aver avuto l’occasione di essere un pilota del Motomondiale, legando e facendo amicizia con persone che per me erano dei mostri sacri come Kevin Schwantz e Randy Mamola. Per me è stato un sogno che si è avverato, anche se dopo l’incidente è come se fosse iniziata una nuova vita in cui le corse in moto sono soltanto, per modo di dire, un piacevole ricordo del mio passato da pilota”.

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