Carlo Pernat: “La 250 è una classe che manca a tutti”

Carlo Pernat: “La 250 è una classe che manca a tutti”© Milagro

Il manager ci racconta in esclusiva: "Tutta l'Italia fu protagonista: penso a Romboni, talento puro, Biaggi, campione vero, Capirossi, il più coraggioso, Rossi, che ha cambiato la storia, fino a Simoncelli, unico nel suo genere"

21.12.2021 ( Aggiornata il 21.12.2021 21:34 )

Al cospetto di Carlo Pernat, è come ritrovarsi di fronte a un jukebox, vintage ma ancora ben funzionante, carico di ogni brano di tutta la “discografia” cantata dai protagonisti del Motomondiale, per una musica che il manager genovese sa raccontare meglio di chiunque. La sinfonia da noi selezionata è quella emessa dalla 250 GP, classe a due tempi, caratterizzata da campioni in pista e grandi tecnici nei box. Carletto, manager oculato e dotato di grande memoria, fu protagonista assoluto del periodo d’oro dell’Italia nella categoria.

E quando fa partire il suo nastro, noi rimaniamo ad ascoltare: “Ragazzi, quanto manca quella categoria! Difficile, selettiva, formativa. La vera motocicletta da corsa, un mezzo da Gran Premio puro, perché essenziale, leggero, ‘cattivo’. Racing nel DNA. Nella sua gloriosa e significativa storia, la dueemmezzo annovera grandi moto e incredibili campioni. È difficile scegliere quale e chi siano stati i migliori, anche se ho la mia idea personale. Cito doverosamente Doriano Romboni, Max Biaggi, Loris Capirossi, Valentino Rossi. Perché li ho gestiti e conosciuti bene. Poi, arriverò agli altri”.

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Da Romboni a Biaggi


Vai pure.

“Doriano era un pilota, non faceva il pilota. Lui dava sempre il suo 100% in ogni condizione trovata, che stesse bene o meno. Romboni era una bravissima persona fuori dalla pista e tra i cordoli si trasformava in un mastino. Era forte, ragazzi, eccome se era forte. Forse avrebbe dovuto gestire meglio alcune gare, ma stoffa velocità gli appartenevano a dosi. Alcune imprese dello spezzino le ricordo volentieri, perché a lui non venne mai regalato niente. Anzi. Tutti i risultati ottenuti furono frutto del suo impegno”.

Passiamo al Corsaro.

“Max mi ha fatto tribolare, ma che campione! Con l’Aprilia 250, il romano era imbattibile. Dal 1994 al 1996 facemmo un tris iridato invidiabile, per una struttura ufficiale organizzata benissimo. A un certo punto, Max non voleva vincere, voleva di più. Voleva stravincere. Il nostro rapporto di lavoro fu tra i più proficui ed entrambi ricordiamo quei tempi con estremo piacere. Poi Biaggi passò alla Honda e le cose cambiarono. Lui dimotrò il proprio valore anche con la NSR, prima di andare in 500. L’Aprilia tornò al successo con un ragazzo cresciuto nelle campagne imolesi”.

Il coraggio di Capirossi e il ciclone Valentino


E aveva il numero 65.

“Il suo numero preferito e sempre sfoggiato, a parte l’uno dopo aver vinto i titoli mondiali e poche altre eccezioni. Loris era coraggioso, più di tutti. La capacità di Capirossi di guidare sopra i problemi resta unica. A volte, mi dava l’impressione di cercare volutamente l’ostacolo, per poi avere lo stimolo di superarlo. Fantastico. Con la 250 non era il più pulito o preciso, però la faceva andare parecchio forte, tanto da trionfare nel 1998. Poi, in 500 e MotoGP, Capirex ha scritto altre grandi pagine, sempre con lo stesso inchiostro indelebile: forza e determinazione”.

Dopo il titolo di Capirossi, ecco il ciclone Rossi.

“Valentino ha cambiato la storia del motociclismo. Quando lo adocchiai era un ragazzino, mi ricordo di averlo paragonato a Kevin Schwantz. In seguito, però, Rossi avrebbe vinto molto più del texano. Anche perché Kevin fece soltanto la 500, Rossi passò in 250 quando era iridato 125 e andò subito bene. Nel 1999 vinse il Mondiale, facendo divertire tra i cordoli e nel paddock. Il suo modo di comunicare è stato imitato – non sempre bene – da molti avversari, dico che non troveremo più un personaggio come lui”.

È ora di parlare delle altre carte che avevi in serbo.

“Jean-Philippe Ruggia, il francese che faceva strisciare il gomito sull’asfalto già in quegli anni. Avrebbe potuto fare di più, se Biaggi non lo avesse battuto (anche) di testa. Max era più forte mentalmente e riuscì ad annichilirlo. Fortissimo era pure Loris Reggiani, oltre che sensibile tecnicamente. Ricordiamoci che fu lui a sviluppare in modo ottimale l’Aprilia, come aveva fatto anche Marcellino Lucchi. Guida e meccanica per loro non avevano segreti. Vanno ricordati Luca Cadalora, Marco Melandri, Manuel Poggiali, Dani Pedrosa e Jorge Lorenzo. Parliamo di piloti vincenti nella dueemmezzo e molti di loro pure nella classe regina. Anche se un altro personaggio rimarrà indimenticabile”.

Il ricordo del SIC


Lo porti ancora nel cuore, come milioni di appassionati. Ma tu sei stato anche il suo manager.

“Perdere Marco Simoncelli è stato un vero dramma. Sia umano che sportivo, chiaramente. Lui era come Rossi ma non uguale a Valentino. Non so se mi spiego. Il SIC piaceva anche a chi in pista lo detestava. Averlo come rivale non era uno scherzo e molti piloti spagnoli lo possono confermare. La sua voglia di portare la moto al limite, la sfida, l’entusiasmo: tutte caratteristiche che lo manterranno sempre nei nostri cuori. Come il suo titolo vinto in 250 nel 2008”.

Per vincere, cosa hanno avuto tutti loro, oltre al talento?

“Tecnici formidabili. La 250, con il motore due tempi, faceva crescere i piloti e pure i meccanici. Per esempio, Rossano Brazzi e Mauro Noccioli, che restavano a lavorare nel paddock fino a notte inoltrata. Sai quante ore passavano su cilindri e carburatori? Infinite. Di conseguenza, chi giovava delle loro capacità andava forte, senza noie. Nella dueemmezzo i dettagli facevano il risultato e tutto doveva essere a posto. Dal polso del corridore alla scelta delle gomme. Vietato fare errori”.

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Ricordi una tua follia dell’epoca?

“Tante, ma quella clamorosa è legata allo sponsor Chesterfield, nel 1993. Avevo incontrato Matilde Tomagnini, brand manager Philip Morris. Non riuscimmo a trovare subito un accordo, la loro offerta non era altissima. Ebbi la pensata e rischiai: richiamai dalle ferie designer, responsabili della logistica, in pratica rifacemmo tutto con i nuovi colori. Ci presentammo a Misano con tutto nuovo, non ci riconobbero e non volevano far entrare i camion con i colori tutti neri… Però il debutto fu un trionfo: vinse Ruggia e nel tripudio Chesterfield ci fece un contratto quattro volte superiore per l’anno dopo. Scelta giusta, considerando i titoli vinti poi con Biaggi”.

Cioè, il pilota più titolato di sempre in 250 accanto a Phil Read. Chi vedresti bene dei piloti attuali in una categoria che non c’è più?

“Tanti, ma credo che i migliori sarebbero Enea Bastianini e Marco Bezzecchi. Anche Luca Marini, però Enea e Marco li vedrei meglio. Sarà per lo stile di guida più adatto alla dueemezzo, forse anche per il fisico. Luca e Fabio Di Giannantonio sarebbero competitivi, nonostante il loro stile sia un po’ più irruente”.

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