Duelli da leggenda: le imprese di Gramigni e Rainey nel 1992

Duelli da leggenda: le imprese di Gramigni e Rainey nel 1992© Milagro

Le rimonte del toscano in 125 e del californiano nella 500 caratterizzarono un Mondiale storico. Il 1992 ricco di colpi di scena coincise con il debutto della gestione-Dorna, il primo titolo dell’Aprilia e il grave incidente di Doohan, che ricorda: "Se avessi battuto Rainey, mi sarei ritirato subito..."

27.11.2021 ( Aggiornata il 27.11.2021 20:00 )

Per il suo debutto alla guida del Motomondiale, la Dorna non poteva augurarsi di meglio: due Mondiali decisi all’ultima gara, con il titolo assegnato a piloti che soltanto poche settimane prima, complici infortuni, apparivano fuori dai giochi. Nella 125, il titolo dello stoico Alessandro Gramigni (nella foto a destra) ebbe connotati storici, perché fu il primo per l’Aprilia nel Motomondiale. Mentre in 500, Wayne Rainey ebbe la meglio su Mick Doohan. Per l’ultima volta.

I tre successi di Fausto Gresini a Misano

L'ultimo titolo di Wayne


Rainey centrò l’ultimo alloro della carriera in extremis, in Sud Africa. La stagione della 500 fu falcidiata da gravi infortuni: nel caso del californiano del Team Roberts avvenne nella off-season precedente, nei test in Malesia, ma a pesare maggiormente fu l’incidente di Doohan nelle prove ad Assen, dove l’australiano si fratturò della gamba destra, rischiando l’amputazione dell’arto e, peggio ancora, la vita. Pure in quel caso, le cure del Dottor Costa si rivelarono fondamentali, però saltando quattro GP l’australiano perse il treno: “Mi dispiacque tanto per Mick – disse Rainey – perché volevo giocarmi il titolo sul campo. Anch’io ebbi i miei problemi e dovetti fermarmi”. Quelle mezzo litro erano bestie feroci. Con circa 115 chili di peso, 180 cavalli di potenza e un’erogazione aggressiva, le cadute dovevano essere messe in conto. Rainey e Doohan duellarono sino alla Catalunya, dove trionfò Wayne, poi si divisero: “Mick aveva vinto i primi quattro GP, contro il mio solo successo di Barcellona. Ottenni dei podi, ma non ero in forma. I secondi posti mi lasciarono in corsa”.

I piazzamenti consentirono al pilota Yamaha di provare a mantenere il contatto con il rivale della Honda, ma a Hockenheim, Rainey cadde malamente in prova. E dopo aver dovuto gettare la spugna in gara, decise di tornare in patria per farsi curare, accettando di saltare il GP Olanda, perché Doohan, a +65 in classifica, sembrava irraggiungibile.

E invece, ecco l’episodio che segnò la carriera di Doohan, che in Olanda finì all’ospedale e iniziò un lungo calvario. Rainey seguì la vicenda da casa, davanti alla TV, poi tornò in azione all’Hungaroring, dove la Cagiva vinse la sua prima gara grazie a Eddie Lawson. Considerando le affermazioni di Kevin Schwantz e Alex Criville al Mugello ed Assen, divenne un Mondiale che nessuno voleva conquistare. Wayne a parte: “A Le Mans ritrovai un buon rendimento – spiegò – infatti, arrivai davanti a tutti. A Donington, Wayne Gardner mi fregò, io mi riscattai a Interlagos”. Proprio quando rientrò un magrissimo e pallido Mick, che si spostava con stampelle e aiuti. Rainey vinse, Mick limitò i danni, ma il 12° posto non assegnava punti. La contesa si risolse a Kyalami, pista congeniale a John Kocinski, che firmò la prima affermazione in 500 nel giorno dell’addio alle corse di Lawson e Gardner: “Un terzo posto fu sufficiente per il terzo titolo – Wayne riassunse quel weekend – mentre Doohan fece sesto”.

L’americano vide il proprio nome nell’albo d’oro per l’ultima volta, prima del dramma di Misano che sancì la fine agonistica. Invece, per l’australiano il meglio doveva ancora arrivare: “In Sud Africa dissi all’HRC che non volevo giochi di squadra – la confessione di Doohan – se avessi fatto mio il titolo 1992, mi sarei poi ritirato, perché le sofferenze patite erano state troppe. Per fortuna, non vinsi io. Perdere per soltanto quatto punti mi diede la motivazione per riscattarmi nel migliore dei modi. Diventando campione per cinque volte consecutive, dal 1994 al 1998.

La storica affermazione di Gramigni


Aveva 23 anni ai tempi, Gramigni, e affrontava il suo terzo Mondiale difendendo i colori Aprilia. Podi e vittorie di tappa, il pilota toscano già li conosceva. Secondo in Svezia e terzo in Ungheria nel 1990, stagione conclusa in nona posizione. L’anno dopo si piazzò meglio, settimo, con la soddisfazione di aver battuto tutti in Cecoslovacchia, nel giorno della certezza matematica del secondo titolo di Loris Capirossi. Il toscano, forse, pensò al buon auspicio del passaggio di consegne, dato che l’imolese preparava il salto in 250. Il 1992 cominciò un sesto posto a Suzuka, il secondo a Eastern Creek e la vittoria a Shah Alam. Poi, l’incidente, non tra i cordoli, bensì sui colli fiorentini. Quell’episodio, grave, viene oggi ricordato da Gramigni.

“Stavo tornando dal Mugello, andai in circuito a provare bellissime auto, mi ero divertito ma, nella strada verso casa, impattai con la mia moto da Enduro contro una macchina che sopraggiungeva dalla parte opposta. Mi ruppi tibia e perone della gamba sinistra, con interessamento ai tendini del piede. Era il primo maggio, comandavo il Mondiale e dovetti saltare Jerez”.

Stringendo i denti, il numero 39 tornò alle corse, indovinate dove... “Al Mugello, chiaramente – sorride – ma non ero in forma. Passarono soltanto 17 giorni dal fattaccio e avevo chiodo e viti nella gamba. Il Dottor Costa e la Clinica Mobile mi seguirono bene, gareggiai con il cambio a destra, poi lo rimisi a sinistra”.

Il futuro campione realizzò che l’impresa era possibile: “Grazie al lavoro del team, colmai le lacune di una moto non sempre competitiva. Io non ero al 100% e la guida ne risentì parecchio: la saponetta sinistra non si consumò mai del tutto”. Eppure, arrivarono un podio in Olanda e un clamoroso successo in Ungheria. Seguirono il 5° posto di Le Mans, il secondo a Donington, sino alla doppia trasferta tra Brasile e Sud Africa, mentre le Honda si toglievano punti, con l’alternanza di successi tra Fausto Gresini, Ralf Waldmann ed Ezio Gianola, vincitori di otto delle tredici gare: “A Interlagos salii sul gradino più basso del podio, idem a Kyalami, dove avvenne un episodio particolare: mi accordai con Jorge Martinez, chiedendogli di aiutarmi. In cambio, lo avrei fatto passare in gara. Non ne ebbi bisogno (il rivale per il titolo Gresini non riuscì a rimanere con i primi, ndr), ma feci passare Jorge lo stesso. Soltanto che ne approfittò pure Carlos Giró, ma il 3° posto bastò per diventare campione. Diedi all’Aprilia il suo primo titolo, mi resi conto più avanti di quanto fosse importante quel traguardo”.

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