MotoVip, Clemente Russo: "Boxe e moto hanno molto in comune"

MotoVip, Clemente Russo: "Boxe e moto hanno molto in comune"

"Cosa? Credo che la tensiona prima del via è la stessa che si prova alla vigilia di un incontro. Le mie moto? Ho amato la Buell XB 12S"

17.01.2023 ( Aggiornata il 17.01.2023 18:40 )

Istinto, velocità, calcolo e tenacia: sono soltanto alcuni tra gli elementi in comune tra la boxe e le corse, due mondi che inaspettatamente s’incontrano e nei quali si possono trovare molte analogie. Ce lo ha spiegato Clemente Russo, uno dei pugili più rappresentativi del panorama nazionale dell’ultimo ventennio, con i suoi 269 incontri disputati, di cui 214 vinti.

Il pugile campano è uno di quegli atleti, un po’ come Valentino Rossi, al quale spesso è stato accostato, che ha saputo travalicare i confini del proprio ambito, entrando nelle case della gente e facendo appassionare tante persone. La sua popolarità è cresciuta di pari passo con i risultati sportivi: quattro Olimpiadi disputate dal 2004 al 2016 conquistando due medaglie d’argento nonché cinque apparizioni ai Mondiali, di cui due vinti.

Il primo iride vinto a Chicago nel 2007 attirò l’attenzione di Don King, il più famoso e importante promoter di pugilato professionistico negli Usa, che lo aveva definito per carisma e tecnica “The White Hope”, ovvero la speranza bianca. Parallelamente alla vita da atleta, Russo è riuscito ad assecondare con ottimi risultati la sua indole di comunicatore, partecipando a molti reality – oggi è protagonista dell’Isola dei Famosi dove tra i naufraghi c’è anche un ex protagonista della MotoGP come Marco Melandri – e facendosi conoscere al grande pubblico. Russo ha superato i confini sportivi, incuriosito dal mondo circostante, dal business alla televisione fino alla moto, passione che cerca di vivere nel quotidiano.

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Russo e l'amore per i motori


In che modo sei legato alle moto e ai motori?

“Da piccolo avevo il cinquantino come tutti i ragazzini, salendo con l’età ho preso una Vespa con le marce fino ad arrivare alla moto dei miei sogni, che ho dovuto lasciare dopo due anni perché era la fase-clou della mia carriera: per fortuna non sono mai caduto e non mi sono fatto male”.

Quale moto?

“La Buell XB 12S. Io sono grosso, la Buell è una moto piccolina e quello che mi piaceva era la sua ripresa, quando entrava in coppia era fulminea”.

Come hai gestito questa passione con la vita da pugile? Una vita nella quale non potevi permetterti passi falsi fisicamente parlando, ancor meno in moto.

“Ovviamente questa passione l’ho dovuta gestire con i miei impegni sportivi, prima di ogni torneo o evento di pugilato ho sempre evitato di prendere la moto, e quando salivo in sella cercavo comunque di andare adagio”.

Hai portato qualcosa dal mondo delle moto alla tua carriera?

“Sul ring si vince anche per attacchi repentini, per attacchi a sorpresa, tutta accelerazione, come con la Buell, e io in moto stimolavo la mia parte nervosa, un approccio che poi sviluppavo negli allenamenti e portavo nel match”.

L’abilità del campione, che sia un pilota o un pugile, è quella di saper gestire un mare di emozioni?

“Certo, la tensione e l’ansia da combattimento precedono il grande evento sia nella boxe che per il pilota prima di gareggiare. Poi dipende dall’atleta, da come assimila il tutto, il campione è quello che riesce a gestire tutto questo al meglio, senza drammatizzare troppo. Io avevo il mio modo, e ogni atleta sa come trasformare il ‘di-stress’ che è lo stress cattivo in ‘eu-stress’, che è quello buono. Il mio modo era quello di usare lo stress per esaltarmi, che poi era quello che faceva Valentino Rossi”.

Hai parlato dell’accelerazione della tua Buell: è quello il momento che più ami della guida?

“Sì: nell’uscita dalla curva si sente tutta la potenza dei cavalli che ti porta su. Io, poi, essendo grosso patisco un po’ l’entrata in curva invece in uscita è tutto più appagante”.

La stima per Valentino


Per quello che hai rappresentato per la boxe italiana, l’accostamento a Rossi viene facile.

“Mi hanno spesso accostato a Valentino per le doti di comunicatore, da diretto interessato dico che effettivamente ci sono molte cose simili tra di noi ma anche molte diversità, proprio a livello di comunicazione e di personaggi. Abbiamo due storie diverse, abbiamo avuto un percorso differente, però sicuramente è simile la capacità di comunicare mondi, nei nostri casi la boxe e la MotoGP, alternativi al calcio”.

Valentino è riuscito a rimanere il riferimento della MotoGP sebbene negli ultimi anni siano arrivati prevalentemente insuccessi. Quanto pesa la sconfitta nello sport?

“La sconfitta è molto importante nello sport, può anche aiutare in molte cose. Da una sconfitta si possono costruire le vittorie successive, perché si possono capire gli errori e le tecniche messe in pratica che però non hanno funzionato. Si apprendono i propri limiti o anche gli sbagli di un allenamento. Tutte cose che ti permettono di costruire e di migliorare”.

Il pilota deve affrontare la paura di farsi male, un po’ come il pugile. Come si affronta la paura nel contesto agonistico?

“Quando si fa un match importante non bisogna andare da sprovveduti, perché la tensione, l’ansia e appunto la paura ti ‘mangiano’ ancora prima dell’avversario. Quando sei preparato in tutti gli aspetti, dalla condizione fisica e tecnica a quella mentale e alimentare, quando hai fatto tutto bene, la paura assume un aspetto diverso e si supera meglio. Soltanto in questo modo andrai a giocarti il match, o il GP, conscio di poter fare bene e giocartela. Bisogna autoconvincersi di aver fatto tutto bene. La paura si vince in questo modo, con la consapevolezza di ciò che è stato fatto. Ovviamente, se c’è qualche elemento fuori posto, se hai svolto una vita irregolare, magari hai mangiato troppo, hai bevuto la sera prima di un evento, salirai sul ring o scenderai in pista con la paura di perdere”.

Qual è l’aspetto che più ti colpisce delle corse?

“Io sono sempre stato colpito dalla grande personalità di Valentino Rossi. È la personalità che fa tutto. Anche perché tutti quelli che corrono a quei livelli sono bravi. I piloti sono tutti racchiusi in un secondo e vanno tutti forte, altrimenti non sarebbero in MotoGP. Perciò la differenza a quel punto la fanno il talento e soprattutto la personalità”.

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