Batteva Doohan con un piede e mezzo: Beattie, vice iridato 500

Batteva Doohan con un piede e mezzo: Beattie, vice iridato 500

Il brutto incidente rimediato a Le Mans non impedi all'australiano Darryl di tornare sul podio e vincere Gran Premi, tanto da infastidire re Mick nel 1995

23.12.2022 ( Aggiornata il 23.12.2022 10:07 )

Lo scatto di copertina fa impressione, c'è poco da aggiungere. I piedi appartengono a Darryl Beattie, ex pilota australiano di grido. La sua militanza nella classe 500 risale a circa metà anni 90, il suo ritiro è avvenuto poco dopo la metà degli stessi anni. La causa della dipartita non è da collegare a quanto vedete in foto.

Darryl Beattie, spalla e sostituto di Wayne Gardner

Australiano, alto, fisicato, gran manetta. Insomma, il tipico Down Under giunto all'epoca in Europa, luogo dove cercare fortune agonistiche nel Motomondiale. Come di certo saprete, chi arrivava da laggiù cercava due cose: la classe 500 e i relativi successi. Partito da wild card dapprima a bordo della duemmezzo, poi in sostituzione del connazionale Wayne Gardner sulla mezzo litro - con il quale si impose nella 8 Ore di Suzuka - il nativo di Charleville era legato a Honda, Marchio che spopolava in lungo e largo - più o meno - in ogni cilindrata del campionato. 

E lui, capelluto, simpatico e pure un pò mattacchione, salì sul podio della "sua" Eastern Creek nel 1992, promettendo battaglia per la stagione ventura. Così andò, infatti, la virtuale medaglia di bronzo rappresentò il frutto dei quattro gradini calcati, tra cui il più alto a Hockenheim, Germania. Il successo fece capire di aver trovato una stella su cui puntare.

Darryl era divenato un top rider della top class, altro che pizza & fichi. Partì l'interessamento di Yamaha, che lo volle a corte nel 1994. Per Beattie si rivelò una esperienza dura, per certi aspetti terribile. La YZR era assari diversa dalla NSR, se ne accorse immediatamente. 

Ecco a Voi "Hanginfive"

Le Mans, Gran Premio di Francia 1994. Durante le prove cronometrate, Darryl rimedia una caduta terrificante, la quale gli arrecò danni alle costole, fratturate, peggio andò al piede sinistro, rimasto incastrato tra la catena e la corona di trasmissone della sua Yamaha.

Il risultato è raccontato dalle immagini: lo staff che si occupò delle cure fu costretto ad amputare tutte le dita, cinque. Il pilota rimase fuori da giochi per un bel pò, si ritirò in Malesia e Argentina, tornò a punti proprio in Australia. Quinto posto, guardate che coincidenza.

Da lì in avanti, appiccicato al plexiglass delle moto portate in gara, l'adesivo citante "Hanginfive", una sorta di "rimanere attaccati con cinque". Dita, ovviamente, le restanti del piede destro. Il team Roberts e il protagonista di questo breve racconto non rinnovarono la reciproca collaborazione, cambiando entrambi scelte e scenario.

Suzuki e le ultime di Darryl: l'incubo di Mick

Sicché, l'australiano si trasferì nella squadra di Garry Taylor che, se ricordate, godeva dell'appoggio ufficiale della Suzuki. Scattò l'amore tra Darryl e la RGV, tanto da andare subito a podio a Eastern Creek (a ridaje) e Sepang. Eccellente, anche perché molti forti avversari dovettero abbassare la testa.

Citiamo Alex Criville, citiamo Kevin Schwantz, compagno di box, ritiratosi poi al Mugello qualche mese più tardi. Citiamo Michael Doohan, titolato in carica e "disperato" nel provare a tenere il passo del connazionale. Beattie si impose a Suzuka e al Nurburgring - versione "nuova", la corta e umanamente accessibile - andando forte per il resto della contesa, centrando il secondo posto della classifica generale. Mick bissò l'iride, ma a fatica.

Sembrò il preludio a un 1996 da corona ma, anche lì arrivarono problemi. Poche presenze, troppi incidenti, noie in sella e i pensieri già rivolti al 1997. Una coppia tutta Aussie nel team Lucky Strike, con Hanginfive affiancato da quel folle di Anthony Gobert. Si rivelò l'ultima sfida per il talentuoso e poco fortunato corridore dal piede e mezzo, perché una fastidiosa labirintite gli consigliarono di appendere il casco al chiodo, ma solo esclusivamente parlando di competizioni professionistiche. La nuova vita nelle vesti di reporter, raccontatore e spericolato a bordo di ogni veicolo esistente e immaginabile lo soddisfa e lo mantiene racer qual è nel DNA.

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