Easy Rider è il film che più di ogni altro ha contribuito alla mitologia della libertà associata alla motocicletta. Wyatt (Peter Fonda) e Billy (Dennis Hopper) non appartengono a nessuna banda e non sono violenti: restano fuori dagli schemi, insofferenti alle regole. La strada per loro non è luogo di scorribande ma viaggio, movimento, scorrere.
Easy Rider è il primo film che celebra la moto come puro piacere di andare. La libertà immaginata e cercata nel film è però rifiutata, frustrata, impossibile. Vale anche per l’alcolizzato avvocato di provincia George Hanson (Jack Nicholson) che seguirà i due bikers. Tutta la pellicola è costellata di presagi funesti che annunciano la fine dell’avventura di Billy e Wyatt (e dell’epopea statunitense), fino alle immagini del “viaggio” lisergico nel cimitero.
Come due moderni cowboy in sella ai loro cavalli di ferro, i due protagonisti percorrono all’incontrario il viaggio americano, fuggendo da un west ormai conquistato verso un est originario che non li vuole. Senza cercare nulla, senza trovare posto. Se non quello della strada: unico limbo in cui la libertà è se non possibile, immaginabile.
Silva Fedrigo e Alessandro Marotto
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