GP Mugello, Alessandro Borghese: "Pecco Bagnaia come Mick Doohan"

GP Mugello, Alessandro Borghese: "Pecco Bagnaia come Mick Doohan"

Il rinomato chef italiano ha raccontato in esclusiva il suo rapporto con la MotoGP, nonché l'attesa spasmodica per l'imminente GP d'Italia 

07.06.2023 ( Aggiornata il 07.06.2023 09:41 )

Persona affabile, una gentilezza ed una disponibilità uniche e una grande passione per i motori. Sono queste le qualità che Alessandro Borghese, chef di fama internazionale ed affermato personaggio televisivo, ci ha trasmesso nell’intervista esclusiva nella quale ha toccato con mano il suo esplicito amore per le due e le quattro ruote. Una passione che ha origini lontane e radicate sin dai tempi del nonno Vincenzo, pilota di auto nelle gare stracittadine di Napoli e fondatore nei primi del ‘900 “dell’autoricambi Borghese”. Un amore passato poi attraverso il padre, Luigi, al quale invece deve la passione per le moto, essendo stato un pilota e avendo partecipato a corse come la Milano-Taranto, guidando moto come: Harley-Davidson, Suzuki, Yamaha e Ducati. Insomma, non un semplice hobby e neppure una semplice passione, ma un attaccamento viscerale che accompagna da sempre lo chef, continuamente legato al mondo dei motori e delle corse, come dimostrano le gare in auto che non perde occasione di disputare, il grande attaccamento al motomondiale e a Valentino Rossi, oltre che alle innumerevoli moto guidate nel corso degli anni.

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Alessandro Borghese: "Sono nato con i carburatori in mano"

In occasione dell'imminente GP d'Italia, lo stimato chef ha approfondito svariati temi: dall'analisi della prima fase della stagione della MotoGP, fino a quello che si aspetta di vedere dalla splendida cornice toscana che a breve ospiterà uno degli eventi più attesi dell'anno in ambito motorsport. Il tutto senza tralasciare un excursus sulla genesi della sua passione per le corse.

Prima di iniziare con l’intervista lo chef ci ha tenuto a far sapere la sua storica passione per Motosprint

«Motosprint è stato un mio acquisto settimanale fisso quindi mi fa particolarmente piacere parlare con voi».

Come nasce la sua passione per i motori? Sappiamo che proviene da una lunga tradizione di famiglia

«Io sono nato nei motori, c’è chi è nato tra calcio, tennis o altro mentre io sono nato con i carburatori in mano, da generazioni. Da mio nonno che era un pilota professionista di auto, e aveva una sua scuderia sia di automobili che di motociclette, fino a mio padre, anche lui pilota, di moto e auto, con una sua scuderia di moto. Poi sono arrivato io con la passione per i motori, ho fatto gare di motocross, ho sempre avuto la mania di modificare i mezzi, andavo le domeniche con mio padre a Porta Portese a cercare la marmitta o il carburatore giusto, una manopola, qualunque cosa che potesse modificare il mio Ciao».

Quindi è partito tutto con il “Ciao”, fino ad arrivare alle grosse cilindrate?

«Si, ho iniziato con il Ciao verde metallizzato, era il mio giocattolo per farci tutte le modifiche che volevo. Ci misi i cerchi in lega del “si”, oltre che una sella speciale per portarci le ragazze, anche perché la sella originale a molle non era proprio comoda. Era comunque un mezzo eccezionale, in primis perché il motorino soprattutto da ragazzini è sinonimo di libertà. Ero cosi smanioso di modificarlo che ad un certo punto avevo anche esagerato, ricordo che avevo un carburatore montato esternamente da 19 con tanto di marmitta preparatissima. Insomma appena acceleravo il motorino camminava su una ruota per settimane».

Poi si iniziò a fare sul serio e la sua passione divenne sempre più grande.

«Quando arrivarono i primi motorini giapponesi, con i primi freni a disco all’anteriore, cosa mai vista prima se non sulle moto da corsa, io mio padre cogliemmo subito l’occasione comprandone uno. Però avevo sempre il “Ciao” perché era il mio giocattolo da modifica. Poi sono cresciuto e ho iniziato a fare motocross, passando da un Kawasaki KX 125 a un CR 250 Honda, poi ho iniziato un lungo percorso con le moto da strada, dalla NSR 125 “scarenata” a salire fino a moto più grosse».

Quali altre moto ha avuto nella sua vita?

«Nel tempo sono passato a moto che oggi non guiderebbe più nessuno come la RGV Gamma 250, anche perché ero un fan accanito di Kevin Schwantz. Successivamente ho avuto anche la Yamaha RT 350, anche detta “la bara” perché correva come una dannata ma non si riusciva a fermare, senza dimenticare poi la Yamaha R1, insomma, ne ho avute tante. Attualmente posseggo l’ultima moto che ho comprato con mio padre, che non c’è più da tanto tempo, ovvero una Triumph Bonneville preparata da corsa ancora a carburatore, e poi ho l’Harley Street Glide, con uno scarico che fa tremare tutti i muri». 

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