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Officina: l'importanza della fluidodinamica

In queste pagine si parla spesso degli avanzamenti compiuti in campo motoristico nel corso degli anni. Questi miglioramenti hanno interessato non soltanto la parte meccanica del motore ma anche la fluidodinamica e la termodinamica. Per mezzo del computer e dei sofisticati programmi specifici messi a punto dai tecnici quello che accade nei sistemi di aspirazione e di scarico nelle più svariate condizioni di funzionamento dei motori può essere oggi visualizzato con grande precisione. Le strumentazioni elettroniche sono diventate via via più raffinate (ad esempio, sono da tempo una realtà i sensori che si affacciano direttamente nella camera di combustione) e hanno consentito di avere una dettagliata conoscenza dei fenomeni che hanno luogo all’interno dei cilindri durante le varie fasi del ciclo.

Officina: le sollecitazioni sono anche termiche

Lo studio della combustione


Grazie a questi poderosi mezzi, non disponibili in passato, anche le modalità con le quali avviene la formazione della miscela aria-carburante e quelle con le quali ha luogo la combustione hanno potuto essere studiate in dettaglio. Alcuni risultati sono eclatanti, con miglioramenti che hanno luogo in maniera assai vistosa e in maniera quasi repentina, in seguito alla adozione di particolari soluzioni o tecnologie che hanno consentito di compiere veri e propri “salti evolutivi”. È il caso ad esempio delle quattro valvole per cilindro, la cui affermazione ha consentito un rapido incremento delle prestazioni. Lo stesso è avvenuto in seguito al passaggio, per i modelli più sportivi, al raffreddamento ad acqua. Molto significativo è quanto accaduto in Formula 1 grazie all’impiego di molle pneumatiche per il rischiamo delle valvole da parte dei diversi costruttori. I regimi di rotazione sono subito aumentati e con loro le potenze dei motori. Molti altri miglioramenti però sono il risultato un lento ma incessante lavoro di sviluppo che ha interessato perfino i dettagli all’apparenza meno significativi.

In questi casi i cambiamenti sono avvenuti con gradualità. Il miglior modo per valutare l’evoluzione dei motori è quello di fare ricorso ai numeri. Quando si parla di parametri motoristici il primo al quale si fa riferimento è in genere il rapporto corsa/alesaggio (C/D), del quale questa rubrica si è già occupata più volte in passato. Come noto vengono detti quadri i motori nei quali alesaggio e corsa hanno lo stesso valore (C/D = 1), superquadri quelli a corsa corta (C/D inferiore a 1) e sottoquadri quelli nei quali, al contrario, la corsa è superiore all’alesaggio (C/D maggiore di 1). Effettivamente col tempo questo parametro è cambiato in misura molto sensibile. Per decenni il rapporto C/D è stato molto elevato nelle moto inglesi. Ancora negli anni Sessanta e all’inizio del decennio seguente, quando le grandi case storiche stavano ormai per uscire di scena, in Inghilterra soltanto un paio di costruttori erano scesi a misure “quadre” nelle loro monocilindriche di 500 cm3 e nelle bicilindriche di maggiore cilindrata.

Moto Guzzi e Mv Agusta


All’altro estremo troviamo la Guzzi che fin dall’inizio della propria attività per i suoi monocilindrici di 500 cm3 ha adottato un alesaggio sensibilmente superiore alla corsa (88 x 82 mm, C/D = 0,93). Negli anni Cinquanta in Italia non mancavano certo i motori di serie a corsa lunga ma la maggior parte di quelli di nuova progettazione aveva misure più o meno quadre. Diverse moto poi erano già a corsa corta. Stranamente i più celebrati motori da corsa italiani erano invece a corsa lunga. Nelle Gilera e nelle MV 500 a quattro cilindri il rapporto C/D era 1,11 e 1,06. Quest’ultimo valore si ritrovava anche nelle 125 bialbero MV e Mondial. Per realizzare la 250 quest’ultima azienda ha incrementato soltanto leggermente la corsa e al tempo stesso ha aumentato molto l’alesaggio, il che ha portato a un rapporto C/D pari a 0,752, valore record per l’epoca. È interessante osservare che la Guzzi, dopo aver conquistato il mondiale 350 nel 1956 con un monocilindrico che aveva un rapporto C/D di 0,868, andando contro una tendenza ormai chiara per la stagione successiva ha realizzato un nuovo motore a corsa lunga (C/D 1,04)! Insomma ha fatto “macchina indietro”…

Suzuki, Aermacchi e Honda


Qualcosa del genere è successo molti anni dopo anche in casa Suzuki con la GSX-R 750. Il quadricilindrico di Hamamatsu era nato nel 1984 (anno di presentazione della moto, l’entrata in produzione è avvenuta pochi mesi dopo) con un C/D pari a 0,696 e in seguito ha subito un lungo sviluppo che ha visto numerose modifiche e alcune complete riprogettazioni. Bene, le ultime versioni della moto, costruite dal 2010 in poi, avevano esattamente lo stesso C/D. Potrebbe sembrare una osservazione di poca importanza se non fosse per il fatto che la Suzuki aveva in due diversi periodi messo in produzioni versioni del motore con una corsa sensibilmente minore di quella originale (C/D 0,612 e 0,639), salvo poi tornare sui suoi passi. Negli anni Sessanta c’è stata una grave crisi di mercato e per diverso tempo di modelli veramente nuovi non ne sono apparsi. In Italia le moto più diffuse erano le 125, seguite a distanza dalle 250 e il rapporto C/D era di norma compreso tra 1 a 0,8 circa.

Soltanto l’Aermacchi 250 era a corsa lunga (1,09). Per quanto riguarda le moto da competizione, si andava generalmente da 0,92 a 0,85, valore sotto il quale non scendeva nessuno. La Honda probabilmente lo avrebbe fatto, ma con tanti cilindri e per di più assai vicini tra loro non poteva farlo, anche perché il raffreddamento era ad aria. È interessante qui osservare che il primo titolo iridato della 500 conquistato da una moto a corsa corta è arrivato soltanto 17 anni dopo l’istituzione del Mondiale! Nella seconda metà del decennio però gradualmente la situazione è cambiata: stava per iniziare l’era delle “maximoto”. La settimana prossima l’argomento verrà ripreso fino ad arrivare ai giorni nostri e al “dualismo” esistente in MotoGP tra le architetture in linea e a V, in merito al quale appaiono opportune diverse considerazioni.

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