Quando l’ambulanza rimane ferma a bordo pista, anziché raggiungere il centro medico, è un gran brutto segno. Significa che il pilota soccorso è in gravissime condizioni, e che si sta cercando di fare tutto il possibile lì, sul posto dell’incidente. E quello di Shoya Tomizawa è stato un incidente terribile. Colpito a morte da una moto lanciata a 250 all’ora, il cuore del giovane pilota giapponese ha avuto la forza di battere ancora per qualche decina di minuti, sostenuto dall’estremo tentativo di salvarlo, prima di fermarsi definitivamente quando in pista c’era la MotoGP.
La dinamica dell’incidente, la sosta a bordo pista, non lasciavano molta speranza. Ma ci siamo aggrappati a quella corsa disperata all’ospedale di Riccione, alla voce ufficiale che ci ha detto “sta lottando contro la morte”. In momenti come questi la paura, il dolore, si mescolano ai cattivi pensieri; ci si chiede se non sia già tutto finito e quel filo di speranza di cui ci parlano serva solo a fare andare avanti lo show. A non fermarsi a un passo del gran finale. Ci si chiede con che spirito andranno in pista i piloti della MotoGP, che hanno visto, che hanno capito, che dovranno passare da quel punto, il Curvone, a gas spalancato a 300 all’ora.
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