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MotoGP, Martin: “Ho rischiato di dover smettere per questioni di budget”

© Luca Gorini

Che il mondo del motorsport sia costoso non è un segreto, a tal punto che spesso anche piloti promettenti e molto veloci sono costretti a concludere la propria carriera per mancanza di budget in giovanissima età. Seppur meno oneroso rispetto all'automobilismo, anche il motociclismo richiede spesso grandi sacrifici da parte delle famiglie dei piloti, specialmente ad inizio carriera, quando a volte serve anche un pizzico di fortuna per farsi notare e proseguire diventando dei piloti di successo.

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Martin: dal rischio di dover smettere, al titolo mondiale


E' il caso di Jorge Martin, che oggi è uno dei grandi protagonisti della MotoGP con i colori del team Prima Pramac Ducati e vanta anche un titolo mondiale in Moto3 (conquistato con il team Gresini), ma nei primi anni di corse ha rischiato di dover smettere. A raccontarlo è proprio lo spagnolo, ospite del podcast Nude Project: “Da bambino non ti preoccupi degli aspetti economici, ma ora so che i miei genitori e tutta la mia famiglia hanno fatto grandi sacrifici per farmi gareggiare ad inizio carriera”.

Correre in moto è sempre stato il mio sogno, ma non pensavo di poter diventare un pilota professionista, visto che ho rischiato di dover smettere già da giovanissimo”, prosegue Jorge. “Se non mi avessero preso dopo le selezioni della Red Bull Rookies Cup, avrei chiuso con le moto per mancanza di budget. Per fortuna è andato tutto per il meglio e sono anche diventato Campione del Mondo, ma non fu un momento facile per me”.

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“L'80% dei piloti che arrivano ad alto livello, è pagante”


Quando sono diventato un pilota professionista a tutti gli effetti, non ho mai dovuto pagare nulla e per questo mi sento un privilegiato. Basti pensare che l'80% di coloro che arrivano ad alto livello stanno bene economicamente”, ammette Martin, con tanto di cifre. “Per fare un esempio, a 14 o 15 anni un ragazzino che arriva in Moto3 deve far pagare ai propri genitori circa duecentomila euro a stagione. Certo, non siamo ai livelli delle auto e della Formula 1, ma neanche così lontani”.

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