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Storie Sprint, Carlos Lavado: “Tutto o niente”

Le volate per il primo posto, Carlos Lavado le ha perse tutte. Ad Assen nel 1981, secondo per 21 centesimi. Al Paul Ricard tre anni dopo, battuto per tre decimi e mezzo. Qualche mese più tardi un’altra beffa al Mugello, poi a Monza nel 1986. Ma quando è stato davanti, l’ha fatto alla grande e per lo più in solitaria, chiudendo con almeno cinque secondi di margine in oltre la metà delle sue 17 vittorie nella classe intermedia, la 250, dove ha ottenuto due titoli. Insomma, partiva ed era soltanto una questione di tempo: se ne aveva abbastanza, si metteva in testa e salutava la compagnia. Anche a costo di rovinare tutto. Come a Misano nel 1986, quando fa il vuoto.

Nemmeno con il binocolo, i rivali riescono a vederlo. Il venezuelano sembra avere la gara in pugno e non ci pensa nemmeno per un attimo ad amministrare: continua a spingere fino a… cadere. L’ingresso della curva della Quercia, l’anteriore che se ne va. Quando il gruppo degli inseguitori lo raggiunge, il trentenne di Caracas sta già spingendo la sua Yamaha per ripartire: ha avuto il tempo di scivolare, ricomporsi, impegnarsi in uno sprint da sette falcate, raggiungere la moto e rialzarla. Ma ormai lo “zero” è inevitabile, il terzo di una stagione da sette pole position e sei vittorie che potevano essere otto. Il primo ritiro è avvenuto in Jugoslavia, un’altra performance da lode e dannazione: partito male, Lavado è rallentato da due imprevisti, un “lungo” e un’escursione fuori pista per evitare un pilota finito a terra. Ma risale come una furia, si porta in terza posizione e in una staccata si beve i due leader, mettendosi in testa. Il suo ritmo è impareggiabile. Troppo per tutti, anche per lui. Che cade poco dopo… Acrobata in cerca d’equilibrio sul sottile filo che separa l’impresa dalla catastrofe, la generosità dallo spreco, la gloria dal rimpianto…

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