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Box del direttore: CLASSE DI RECUPERO

Stefano Manzi e Nicolò Bulega, entrambi classe 1999, sono due nomi che qualche anno fa avevano fatto ben sperare i colori azzurri nel Motomondiale. Per vicissitudini diverse, e non ancora del tutto comprese, dopo alcune buone prestazioni e altre altalenanti, si sono ritrovati a dover cercare fortuna nelle derivate di serie.

Entrambi sono ripartiti dalla categoria “di mezzo”, quella Supersport nella quale hanno potuto fare esperienza senza avere troppi riflettori puntati addosso. Una categoria però storicamente ostica, piena di piloti giovani e meno giovani che corrono ogni curva con il “coltello tra i denti”. Una classe
in cui è certamente possibile mettersi in mostra ma in cui è altrettanto possibile finire presto nell’oblio, nelle retrovie.
Dimenticati in un baleno.

Stefano, come Nicolò prima di lui, ha scoperto presto il livello della SSP. Fin dal 2022, sono stati gli avversari a fargli capire che vincere non sarebbe stato facile. Sesto a fine stagione, nei due anni successivi il riminese si è ritrovato poi sul secondo gradino del podio assoluto e con un’etichetta che iniziava a stargli stretta. Quest’anno, in sella alla nuova Yamaha R9, ha trovato subito un ottimo feeling, che gli ha permesso di essere il più costante e vincente di tutti. E a dimostrare che si può risalire la china anche quando in pochi continuano a credere in te e nel tuo talento.

Nel 2026 farà il salto di categoria e si ritroverà a lottare proprio con Bulega, in una Superbike piena di talenti italiani recuperati (c’è anche Andrea Locatelli ad aver compiuto un percorso analogo). Quelli che ce l’hanno fatta, studiando e rimboccandosi le maniche, nonostante tutto e tutti. Gli underdog capaci di ribaltare i pronostici già scritti.